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Santi, Madonne, serpenti, riti e leggende: ecco le tante tradizioni primaverili d'Abruzzo

Sono tanti i riti e le feste, principalmente religiosi, che ogni anno vengono ripetuti nelle città e nei borghi d’Abruzzo: ecco alcune delle più belle tradizioni primaverili

Tradizioni abruzzesi tra santi, serpenti, Madonne e battaglie
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Mare, montagne, natura, arte, leggende e tante tante tradizioni. In Abruzzo in ogni periodo dell’anno vengono organizzati eventi per perpetuare riti e memorie, per ravvivare culti o scandire la vita della popolazione. Ecco dunque qualche suggerimento per chi volesse visitare la regione nei prossimi mesi.

La Festa dei talami a Orsogna

Appena dopo Pasqua, il martedì dell'Angelo, ad Orsogna, in provincia di Chieti, si assiste alla scenografica sfilata di sette carri allestiti con sacre effigi ispirate alla Bibbia.

La festa della Madonna del Rifugio, più comunemente detta Festa dei talami, è divenuta nel 2011 Patrimonio d’Italia per la tradizione. L'evento prende il nome dai palchi lignei, i talami appunto, su cui vengono mimate dagli attori scene ispirate al Vecchio e al Nuovo Testamento.

Secondo la tradizione, il martedì in albis del 1270 la Madonna apparve nel luogo dove fu poi edificata la Chiesa della Madonna del Rifugio, rasa al suolo dai bombardamenti nel 1944. Secondo la leggenda Maria arrivò dall'Egitto e si posò su un albero di fico. Qui, per sua volontà, venne costruita la cappella ed è qui che è solita dispensare le sue grazie nel giorno della sua festa.

La sfilata delle some a Pollutri

Il sabato precedente il 28 aprile si svolge a Pollutri, in provincia di Chieti, la tradizionale sfilata in onore del protettore del paese, San Nicola. La "domenica delle some" ricorda il giorno in cui tradizionalmente si andava con gli asini al mulino a riprendere la farina macinata e si sfilava per il paese con le “pizze” caricate su ciascun animale. Oggi agli asini viene risparmiata la fatica essendo stati rimpiazzati dai trattori.

Durante la giornata si svolge un pranzo molto particolare. All’interno della casa San Nicola viene allestito un tavolo per 200 persone, solo maschi. L’edificio si trasforma in una grande cucina per la preparazione di alimenti tipici, pupatte, galletti e pizze arabesche. I taralli, pagnotte di pane di forma circolare, vengono preparati per essere donati alle famiglie del paese.

Ju calenne a Tornimparte

Il rito, di origini longobarde, si svolge da secoli la notte precedente il primo maggio a Tornimparte, in provincia dell'Aquila. L'albero di maggio o del maggio è un albero tagliato dal bosco che viene innalzato nei villaggi perché lo spirito benevolo della pianta porti benessere.

Durante la notte gli uomini del paese, soprattutto i giovani, si recano furtivamente in un bosco per scegliere l’albero più bello. Quest’ultimo viene tagliato e privato dei rami, ad eccezione di un pennacchio in cima. L’albero viene così portato nella piazza principale e piantato a fianco del campanile della chiesa. Poco prima dell’alba le campane svegliano gli abitanti che si recano in piazza per valutare l’azione svolta dagli uomini.

Il "calenne" rimane esposto fino al 30 maggio, quando viene tagliato e messo all’asta per raccogliere i soldi necessari a festeggiare, il 13 giugno, Sant’Antonio.

I banderesi di Bucchianico

Una contesa militare per i confini era scoppiata nel medioevo tra i comuni di Bucchianico e Chieti. La battaglia fu risolta a favore di Bucchianico, grazie all’intervento miracoloso di Sant’Urbano che, apparendo in sogno al capo della milizia (il Sergentiere), gli suggerì di far correre gli uomini, vestiti con alcune fasce (bande da cui il termine “banderesi”) uscendo e rientrando per i camminamenti delle mura al fine di farli sembrare più numerosi. I chietini dovettero cedere.

Patrocinata dalla Commissione italiana per l'Unesco, la manifestazione, che ricorda l'antico avvenimento, si svolge tutti gli anni il 24 e 25 maggio, mentre la domenica prima del 23 maggio un corteo in abiti tradizionali si snoda per le vie del paese.

La Festa del majo a San Giovanni Lipioni (Chieti) e la festa del narciso a Rocca di Mezzo (L'Aquila)

Le due tradizioni sono legate al mondo contadino. Il primo maggio gli abitanti di San Giovanni Lipioni si recano per la messa in una chiesetta rurale. Segue la sfilata con “lu maje”, un lungo palo con in cima una croce in un cerchio, e le statue dei due santi protettori, Santa Liberata e San Giovanni Evangelista.

Giunto in paese, il corteo entra nella chiesa principale e i santi vengono riposti nelle teche. Da segnalare in particolare il passaggio del corteo di casa in casa portando la cantilena del "maje", strofe, spesso improvvisate, con cui si augura alle famiglie un’ottima annata.

A Rocca di Mezzo si svolge un altro evento legato alla tradizione contadina, la "Festa del narciso", fiore che cresce nei prati circostanti. L'evento è organizzato tra maggio e giugno in onore del narciso e per festeggiare l'arrivo della bella stagione.

Le tradizioni legate alla Vergine

La prima domenica di maggio è la festa della Madonna miracolosa. Leggenda vuole che nel 1500, nel corso di una terribile pestilenza, un contadino colpito dal male si rifugiasse nei pressi di una chiesetta campestre. Addormentatosi, sognò una donna, presentatasi come la Liberatrice, che promise la guarigione dalla pestilenza. L’uomo al risveglio intravide tra le macerie della chiesetta l’immagine affrescata della Madonna in atto di proteggere i devoti, fra cui il papa Celestino V.

Il male fu sconfitto e il dipinto venne portato in paese su un carro trainato da buoi. A questo punto, sarebbe nato un contrasto con la vicina Sulmona in merito al luogo di rinvenimento dell’immagine mariana. La scelta fra Pratola (L'Aquila) e Sulmona venne affidata ai buoi: si diressero verso Pratola arrestandosi proprio nel punto in cui venne poi edificata la cappella.

A Giulianova (Teramo) invece si celebra da quasi cinque secoli la Madonna dello Splendore, protettrice della città.

In questo modo si vuole ricordare l’apparizione della Vergine avvenuta tradizionalmente il 22 aprile di un anno compreso tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. La festa dura circa una settimana tra canti, preghiere e processioni.

I serpari di Cocullo

La tradizione dei serpari (coloro che sanno maneggiare i serpenti) affonda le proprie radici sia nel paganesimo sia nel cristianesimo. In principio il protagonista era il vecchio Marsio, figlio di Circe, capace, secondo il mito, sia di incantare i serpenti sia di curarne le morsicature. Intorno al mille le tradizioni nate attorno al personaggio di Marsio si intrecciano alla figura di S. Domenico, abate di Cocullo. Il santo diviene allora il nuovo dominatore non solo dei serpenti, ma di tutti gli animali velenosi o arrabbiati. Il santo è riconosciuto inoltre in grado di proteggere dai cani idrofobi, dalla febbre e dal mal di denti.

Il primo maggio è il giorno della sua festa.

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