Moscato. Basta il nome. Sinonimo di dolcezza solare, quintessenza mediterranea, storia, mito, leggenda. La sua diffusione è straordinaria tanto quanto la sua variabilità genetica; le famiglie dei moscati sono numerose, eppure tutte impregnate di quel particolare profumo che non ha nome, perché si chiama moscato.
In Italia, i moscati a bacca bianca più coltivati sono tre: il Bianco a petit grains, il Moscato giallo e il Moscato di Alessandria (detto anche Zibibbo). Ma è soprattutto il primo che distilla il meglio della varietà, che dà i vini più fini, più profondi, addirittura cristallini, specchi fedeli dell'uva che li ha concepiti. Lo trovi in buona parte del Paese, anche se, rispetto agli altri biotipi, è più incostante nelle rese, germoglia presto ed è sensibile ai freddi primaverili. Si esalta soprattutto in Piemonte. A cavallo tra Langhe e Monferrato (su tutti, i comuni di Neviglie, Mango, Castiglione Tinella, Santo Stefano Belbo), trova un terroir superbo e dà vita ai migliori Moscato d'Asti in circolazione.
Lo devi cogliere in gioventù. È già ora di bere il 2007, un'annata da sogno: spuma soffice e integrata, aromi di frutti dolci, agrumi ed erbe aromatiche; dolcezza vellutata e persistenza «furibonda». Accompagna - con spirito libertario - panettoni e pandori, ma è efficace pure sulla frutta, sui formaggi freschi, per una merenda gustosa, per una meditazione briosa. I più grandi interpreti sono Paolo Saracco, 0141-855113, info@paolosaracco.it; Giulio Morando, 0141-855261, lamorandina@tin.it; i fratelli Forno, 0141-840344, tenuta@ilfalchetto.com; Alessandro Boido, 0141-847103, alessandro.boido@virgilio.
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