L'amore che Serena Sinigaglia nutre nei confronti di William Shakespeare non è affatto platonico. Alla regista milanese infatti i versi del «gran bardo» fanno ancora girare la testa, proprio come nell'estate di quindici anni fa, quando su una spiaggia di Francavilla al Mare, in Abruzzo, avvenne l'incontro fatale.
In procinto di diplomarsi alla «Paolo Grassi», la Sinigaglia stava allora meditando sul testo da cui trarre il saggio di fine corso. Con la sventatezza degli esordienti e l'irremovibilità dei testardi optò per «Romeo e Giulietta», sfidando lo scetticismo dei suoi insegnanti. Quello spettacolo ebbe poi una lunga e fortunata tournée nei teatri italiani che mise in luce una compagnia di ventenni dal nome sibillino: Atir. «Di a da in con su per tra fra Shakespeare», lo spettacolo in scena nella Scatola Magica del Piccolo Strehler da oggi al 2 aprile, parte da questa vicenda per narrare, come recita il sottotitolo, «una storia d'amore»: quella tra la Sinigaglia e lautore inglese, appunto, ma anche tra la regista e un modo di fare teatro che crei empatia con lo spettatore, evochi sentimenti densi e credibili, dica qualcosa di necessario per la vita. In questa prospettiva il «bardo» può essere considerato un «maestro» che, «come tutti i veri maestri, aiuta a illuminare la via per ritrovare noi stessi dentro all'opera che si sta affrontando» e ancora ssuggerisce le domande più appropriate per arrivare a quel senso di appartenenza di cui non si può fare a meno se davvero si vuole fare esperienza di ciò che chiamiamo cultura». Affiancata da due membri storici dell'Atir, Arianna Scommegna e Mattia Fabris, la Sinigaglia racconta anche la sua specifica appartenenza, il suo far parte di una compagnia nata sotto il segno di William Shakespeare e cresciuta mettendo in scena non solo «Romeo e Giulietta», ma anche una versione memorabile di un altro imperdibile classicissimo: «Re Lear». Memorabile ma non del tutto apprezzata da certa critica, di cui la regista propone una breve, innocua e fin troppo bonaria parodia. D'altra parte in questo «amarcord» dai risvolti anche un po' generazionali, il ruolo del protagonista assoluto tocca a lui, all'amato Shakespeare, l'autore in grado di far scoprire «quanto vicina e toccante possa essere la parola di un poeta, mai scontata, mai la stessa, sempre diversa» e di scrivere pièce con molta «concreta semplicità».
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