Sarà un caso ma proprio a Sezzadio, comune di 1443 anime situato nella pianura alessandrina vicino al fiume Bormida, esiste una fornace. Nei giorni scorsi infatti il termometro del paese ha toccato i 30,5 gradi, trasformando il ponte del 25 aprile in un inaspettato - e poco gradito, soprattutto agli agricoltori - anticipo d'estate. Dopo un inverno così tiepido non ci si poteva aspettare altro, ma nonostante le previsioni l'allarme siccità comincia a «scottare»: secondo recenti studi della Regione, quest'anno si è registrato nei fiumi piemontesi un deficit d'acqua con picchi dell'80% rispetto alla media storica. Ad oggi il Po registra una portata di 183 mc/sec, ben al di sotto della media stagionale che è 324 mc/ sec.
E se a Sezzadio l'esplosione di rose, acacie e gaggie crea un paesaggio colorato e gioioso, le coltivazioni di grano (in anticipo di un mese rispetto alla crescita stagionale), mais e girasole non hanno un futuro roseo. Nemmeno un presente, lamenta Stefano dal suo trattore: «Prevediamo grossi danni, già adesso i fiumi sono bassi e l'estate dicono sarà caldissima. Non piove seriamente da quasi un anno!». Le viti che producono i deliziosi dolcetti e barbera invece sembrano essere un po' più fortunate: le loro radici scendono in profondità e assorbono più acqua. Le falde acquifere che si trovano nel sottosuolo, a circa 74 metri, sono una salvezza per Sezzadio e comuni limitrofi, e si parla di un progetto che colleghi ad anello tutti i paesi della zona fino ad Acqui Terme. «Sezzadio si trova in una conca, in una posizione particolare: magari piove nel paese accanto, e qui neanche una goccia».
Tra un bianchetto e una partita a carte, i fedeli frequentatori del bar Engi esprimono i loro «accalorati» pareri, e qualcuno spezza una lancia a favore del proprio paese: «Qui è caldissimo è vero, ma Castellazzo Bormida è ancora più umido». È Giovannone, personaggio storico del paese (noto fino a Genova, si narra) a offrirci uno scorcio del suo passato sezzadiese: «Non accadeva una cosa simile dal 1921. Ci fu una tale siccità che la mia famiglia dovette addirittura spostare il bestiame, perché qui non c'era di che sfamarlo. La prima pioggia, quell'anno, si vide a settembre». La signora Nella, che gestisce la trattoria Vecchio Comune nella piazza principale (probabilmente l'unica) di Castelspina, a due passi da Sezzadio, conferma: «Non se ne può più, in cucina fra poco dovrò accendere i condizionatori, e non siamo neanche a maggio. I pozzi hanno pochissima acqua e ci hanno detto di fare attenzione a bagnare gli orti e le piante. Ho piantato anche le petunie, ma non cresce niente». Ma Sezzadio non è stato il solo a suscitare l'attenzione per l'incredibile caldo: a voler essere precisi il record spetterebbe a un altro comune del basso Piemonte, stavolta nel tortonese, a una quarantina di km dalla «fornace» Sezzadio. Si chiama Isola Sant'Antonio e di abitanti ne ha ancora meno, 776, ma appaiono più abituati al caldo, e soprattutto all'ormai consueto «scoop». Il termometro quest'anno ha segnato 30,7, a fine aprile. Il primo cittadino Ezio Pallavicini posa la canna dell'acqua con cui ha appena annaffiato un raccolto di spinaci - oltre ad essere Sindaco è titolare di un'azienda agricola - per illustrarci il suo punto di vista: «Occorre sfatare, o almeno ridimensionare, il mito del paese fornace: Isola S. Antonio detiene questo primato perché è sede di una centralina regionale, posizionata su un ponte del Po, che rileva il livello dell'acqua e la temperatura. Se questa centralina si trovasse ad Alzano, si direbbe che il paese più caldo in assoluto è Alzano. In realtà è tutta la zona della Bassa Valle Scrivia ad essere storicamente la più calda del Piemonte, a causa della sua conformazione. Il fatto è che quest'anno è mancato l'inverno, e dunque i problemi idrici che solitamente abbiamo più avanti, sono anticipati». In questa zona sono famosi i meloni e le angurie. E rispetto a Sezzadio se la passano meglio, i campi appaiono più rigogliosi e qualcuno viene annaffiato da idranti. È custodita nel nome del paese la ragione di tale privilegio: il borgo cinquecentesco, eletto a Comune nel 1818, fu battezzato Isola perchè anticamente era circondato dalle acque del Po, del Tanaro e dello Scrivia. Si presentava come un aggregato di isole attraversato da canali e, curiosità dantesca, quella principale era divisa in tre frazioni chiamate Inferno, Purgatorio e Paradiso. Di acqua, dunque, dalle parti di Isola S.Antonio non ne manca e anche quest'estate angurie e meloni sono assicurati. «Ma - continua il sindaco - le falde acquifere si sono abbassate di quasi due metri quest'anno». E c'è chi l'agricoltura l'ha lasciata, dopo avervi dedicato quasi tutta la vita, e ora si concede questo sprazzo d'estate pescando carpe sulle rive del Po (per liberarle subito dopo), proprio dove si trova la famosa stazione idrometrica: «Sono da poco andato in pensione, ma ho coltivato per anni riso. Mi ricordo che una volta seminavamo a metà maggio, mentre oggi che siamo a fine aprile il riso è già alto 10 centimetri.
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