Viaggio sotterraneo nella villa degli orrori

da Limbiate

Siamo al confine con il parco delle Groane, alle porte di Milano, in una mattina grigiastra che promette un sole umido verso mezzogiorno. Ma noi quel sole faremo appena in tempo a intravederlo da qualche apertura, ammesso che ce ne siano, laggiù. Davanti a noi, attraversato un parco di qualche decina di ettari, Villa Pusterla, eretta nel 1300: imponente, carica di storia.
Ma noi stiamo per scendere in una seconda villa, che viveva e pulsava sotto quella che vediamo. Un mondo sotterraneo e segreto, dove l’aria si fa rarefatta e s’affollano misteri e leggende. E tuttavia un mondo che per centinaia di anni e fino almeno a un secolo fa era un luogo della quotidianità. Ci guida uno speleologo veronese, Gianluca Padovan, che da oltre vent’anni esplora cavità artificiali come queste nel sottosuolo milanese. Ci ha appena offerto un’anteprima, dato che anche lui, insieme all’architetto del Politecnico Maria Antonietta Breda, alla villa sta lavorando soltanto da un mese.
«La verità è che sotto non vuole scendere nessuno tranne noi», si sfoga Padovan, fondatore dell’associazione SCAM, Speleologia Cavità Artificiali Milano. «Eppure studiando i sotterranei si chiarirebbero molte cose del mondo di lassù». Nel dirlo mi porge caschetto e torcia, e mi ammonisce di stare attenta, ché basta un nulla, là sotto, per rischiare.
Basta aprire una porta sul buio, come quella che anche nelle case moderne apriamo per andare in cantina. E inizia la discesa: non si tratta di cunicoli stretti, come si potrebbe immaginare. Ma di vere gallerie, alte e ben costruite. Ambienti dove la vita è possibile. Era possibile. A pochi metri dall’ingresso troviamo un pozzo, profondo trenta metri: «Di certo successivo alla costruzione della villa», commenta Padovan. Quindi è la volta di un cunicolo rivestito di mattoni, in cui mi invita a entrare: «Erano i canali per approvvigionare d’acqua la villa. Opere idrauliche che correvano qui sotto per chilometri».
Poi avanziamo verso la prima vera meraviglia: una ghiacciaia e nevaia di dimensioni impressionanti. Un corrimano mi sostiene mentre percorro i gradini che sprofondano nel serbatoio, mentre Padovan tenta la datazione intorno al ’600. Un breve passaggio esterno ed eccoci nella parte più affascinante del percorso. Una galleria ci conduce agli enormi ambienti che ospitavano la macelleria, con le pareti percorse dai ganci a cui venivano appesi gli animali e di seguito un locale molto ampio: «Quegli scassi nel soffitto ospitavano i puntelli messi quando il locale divenne ricovero antiaereo durante la Seconda guerra mondiale», spiega Padovan e continua: «Da qui si dice partisse un passaggio segreto, fatto costruire da Napoleone per andare a cavallo sotto terra fino a Monza».
E intorno altre gallerie, altre stanze, fino a un bivio con un cartello che indica la direzione della Farmacia, come nei sotterrai di ogni ospedale che si rispetti. Fino a certe stanze piccole e quadrate, in cui passano troppi vecchi fili elettrici. E allora il pensiero va a un’altra delle leggende che riguardano questi sotterranei. Che vi fosse una «camera degli orrori» in cui i pazienti venivano sottoposti ai trattamenti più efferati della «moderna» psichiatria: ustioni, scariche elettriche, isolamento totale.


L’uscita a guardare il cielo, dopo due ore di vita sotterranea, ha dell’incredibile. Esplorare le viscere della villa la fa vedere con occhi diversi. Gli occhi di chi conosce molti segreti e non vede l’ora di raccontarli.

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