da Viareggio
«Non ho sbattuto la porta», mi dice Alfonso Berardinelli, giurato dimissionario dal premio Viareggio. Il tono è accorato, più che per il conflitto «letterario», per linterpretazione che ne è stata data da un grande quotidiano. «Quella giusta è infatti opposta, cioè non schierarmi contro la presidentessa del premio», Rosanna Bettarini. Che nello scorso febbraio laveva nominato.
Il turbamento fra giurati ha intanto raggiunto anche il sindaco di Viareggio, che ieri sè fatto dare dai suoi collaboratori i nomi di tutti i giurati del premio, dallepoca Garboli allepoca Siciliano, quella che precede cioè lepoca Bettarini. Levento non è da considerare solo una legittima curiosità. Infatti la controversia nellambito del premio è nata per quattro nomine tardive di giurati - due dei quali già tali in epoca Garboli ma non in epoca Siciliano - da parte della presidentessa. E il premio non è unentità a sé: è unemissione del Comune di Viareggio. Perciò unocchiata alla sua genealogia diventava necessaria anche sul piano amministrativo.
Il regolamento del premio contempla infatti 21 giurati, più il presidente, mentre con le ultime quattro nomine contestate erano diventati 23, fino alle dimissioni di Alfonso Berardinelli e Ferruccio Parazzoli. Pare comunque improbabile che il sindaco costringa la professoressa Bettarini - filologa, allieva di Gianfranco Contini, curatrice con lui dellopera in versi di Montale, nonché specialista del Petrarca - a dimettersi, a meno che non si verifichi la mancanza del numero legale nella prima riunione finale, prevista per martedì prossimo.
La vicenda si trascina. Sono emersi conflitti di persone, come sempre, come ovunque; si è cercato di tingerli di ideologia, con il richiamo allo statuto che impone lantifascismo come matrice del premio Viareggio, matrice superata allepoca, quando i fascisti erano in galera; matrice ancor più superata oggi, quando i fascisti gareggiano in antifascismo. Forse fra i candidati al premio cera uno scrittore fascista? Lombra lugubre di un Pietrangelo Buttafuoco si allungava sulla battigia, come un tempo quella di Rosai e Viani? No. Nessun libro finalista racchiudeva «messaggi»; meno che mai certi messaggi, che potessero irritare giurati democratici.
Ma ormai il danno è fatto: quel che poteva ricomporsi finché il «caso Viareggio» restava una collezione di indelicatezze (ogni presidente di ogni giuria ha le sue), è avviato ad assumere dimensioni di scontro dinciviltà.
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