Il vice di Negroponte nuovo capo della Cia

Ancora nessuna spiegazione pubblica sulle improvvise dimissioni di Porter Goss. Lui stesso, interrogato sull’argomento, ha risposto sibillinamente: è un mistero

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Diventerà ufficiale solo oggi, ma tutta l’America crede di sapere già chi è il successore di Porter Goss, il capo della Cia che si è «dimesso» improvvisamente ieri l’altro. È un generale dell’aviazione, Michael Hayden, attuale «vice» di John Negroponte, capo della National Intelligence, la «cupola» sotto cui sono stati messi da Bush tutti gli organismi preposti alla sicurezza nazionale, inclusa la Cia, che perde così il suo ruolo autonomo. Il nome del successore, assieme a quanto si è saputo in 24 ore sul meccanismo della partenza di Goss, risponde a gran parte degli interrogativi: Goss non si è realmente dimesso, ma è stato «licenziato» dopo una serie di scontri con Negroponte che hanno offerto a Bush la desiderata occasione per un cambio della guardia alla testa dell’agenzia di spionaggio. L’ultima goccia può essere caduta quando Goss si è visto privato del suo diritto di accesso quotidiano al presidente per riferirgli le ultime novità. Questo ruolo è passato adesso a Negroponte, nominato al suo posto attuale (prima era ambasciatore a Bagdad) due settimane fa. La tesi ufficiosa (di ufficiale non si è sentito ancora nulla) è che le «dimissioni» siano avvenute per «mutuo consenso» fra Bush, Goss e Negroponte, ma si sa anche che al momento della decisione Hayden era presente nella Sala Ovale.
Al giornalista della Cnn che gli chiedeva il motivo della sostituzione, Goss ha risposto: «È un mistero». Forse c’è più di una spiegazione. Da una parte la resistenza di Goss alla progressiva subordinazione al suo nuovo boss e il diffuso scontento nei ranghi della Cia. Buona parte dei funzionari dell’agenzia hanno espresso in privato, pare, il proprio «sollievo» per la partenza di Goss, che proviene dalla politica e che si è circondato, nei due anni in cui è rimasto al timone, di collaboratori scelti più per la loro lealtà personale (a Bush e a Goss) che non alla competenza specifica. Li chiamavano «i Gosslings», i ragazzi di Goss. I professionisti si lagnavano, ma non è sicuro che li attendano giorni più felici con la nomina di Hayden. Com’era inevitabile, il nuovo venuto è un seguace fedelissimo della linea di Bush, cioè della sua convinzione che i servizi segreti abbiano per compito di servire non soltanto la nazione, ma il presidente e la sua politica senza discuterla o sollevare pubbliche riserve. La resistenza della vecchia guardia a questa interpretazione innovatrice si è manifestata in varie forme quasi immediatamente, o almeno da quando, pochi mesi dopo l’elezione di Bush, la strage terroristica a Manhattan ha portato la «sicurezza nazionale» in cima a ogni altro compito e preoccupazione del governo.
Ne ha fatto le spese il predecessore di Goss, George Tenet, che soprattutto nella questione irachena si è trovato preso tra i due fuochi: i tecnici che mettevano in dubbio l’esistenza delle famose «armi di distruzione di massa» di Saddam Hussein e le istruzioni della Casa Bianca che questi ordigni «dovevano» esistere per giustificare la guerra. Problema non soltanto della Cia, ma anche del Dipartimento di Stato, ai danni, in questo caso, del capo della diplomazia americana Colin Powell. Powell e Tenet finirono col comparire fianco a fianco nella seduta del Consiglio di Sicurezza dell’Onu nella primavera del 2002 per testimoniare che le armi non soltanto c’erano, ma rappresentavano un «pericolo imminente» per la sicurezza degli Stati Uniti. Tenet dovette poi andarsene egualmente nel settembre 2004 e Powell non fu riconfermato all’inaugurazione del secondo quadriennio di Bush, nel gennaio 2005.
Sia Goss sia Hayden sono dei lealisti. Entrambi hanno difeso senza compromessi l’Amministrazione dalle critiche per la gestione di Guantanamo e delle altre «prigioni segrete».

Hayden è stato particolarmente esplicito nel giustificare il controverso programma che consente alla Cia di intercettare le comunicazioni telefoniche private tra cittadini americani all’interno degli Stati Uniti anche senza l’autorizzazione della magistratura.

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