Politica

Il vicecapo del Sismi si difende: «Non ho mai rapito nessuno»

Paolo Bracalini

da Milano

Si dice innocente e fiducioso nella magistratura, smagrito rispetto alle foto che lo ritraggono a Ciampino nel 2005 mentre aiuta Giuliana Sgrena a scendere dall’aereo dopo la liberazione, ma tranquillo. «Non ho mai rapito nessuno, né ho mai partecipato al sequestro di qualcuno. Ho fiducia nella giustizia e che quindi la mia estraneità ai fatti sarà chiarita». Parla attraverso i suoi avvocati Marco Mancini, numero due del Sismi, agli arresti a San Vittore per l’inchiesta della Procura di Milano sul sequestro da parte della Cia dell’imam Abu Omar, nel febbraio 2003. Secondo gli inquirenti i servizi segreti italiani avrebbero messo a disposizione della Cia uomini e mezzi per «far sparire» Omar, considerato dagli americani un fondamentalista, un uomo chiave della cellula radicale islamica in Italia. Oggi pomeriggio Mancini verrà interrogato dal gip Enrico Manzi, il giudice che ha firmato per lui 500 pagine di ordinanza di custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari per il generale dei carabinieri Gustavo Pignero.
Il vicecapo del Sismi ripeterà quello che ha confidato ai suoi legali: «Sono estraneo ai fatti, respingerò le accuse». Parole che varcano le mura della prigione in attesa del faccia a faccia, al quale parteciperà anche il pm Armando Spataro, procuratore aggiunto della Repubblica di Milano e responsabile del pool antiterrorismo che indaga sul rapimento dell’imam radicale. Dalla stanza dell’infermeria dove si trova, solo, guardato a vista e senza permesso di leggere i giornali, ripete di stare bene. Messaggio che ha chiesto di portare a sua moglie e a sua figlia, per tranquillizzarle. «Non ho bisogno di niente», confida, anche se nella stanza-cella dove si trova (l’ultima dell’infermeria, al terzo piano) non c’è nulla: solo il letto appoggiato alla parete sinistra. Nessun effetto personale, solo un paio di ciabatte bianche, a terra, vicino al letto. Riserva parole gentili per la polizia penitenziaria e per gli operatori del carcere di San Vittore. «Li ringrazio per il livello di professionalità - ha detto - e per l’approccio psicologico che hanno, adatto alla situazione. Qui mi trattano molto bene».
E lì, nella sua cella, Mancini riceverà (probabilmente lunedì) la visita del presidente emerito Francesco Cossiga, che ieri a Forte Braschi, quartier generale del Sismi, ha incontrato il direttore generale Nicolò Pollari e i vertici dei servizi segreti militari. La Procura di Milano ha disposto anche quattro mandati di cattura per tre agenti della Cia e un militare americano. L’inchiesta ha creato irritazione a Washington, mentre il Pentagono si è detto disponibile a valutare «qualsiasi richiesta del governo italiano» relativa alla posizione dell’ufficiale americano in servizio nella base aerea di Aviano, nel mirino della magistratura.
Intanto le indagini proseguono e, ad arresti avvenuti, cominciano a mostrare uno scenario più vasto di quello emerso fino ad oggi. Solo ora si sa che gli inquirenti hanno disposto decine e decine di intercettazioni. Che sono arrivati a scoprire una sorta di «sede parallela» del Sismi, un ufficio nel centro di Roma, in via Nazionale, intestato a un altro funzionario, Pio Pompa, indagato per favoreggiamento.

In quell’ufficio i magistrati hanno trovato un archivio composto da centinaia di dossier su politici, imprenditori, giornalisti e magistrati.

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