Una vicenda lunga cinque anni

Una vicenda lunga cinque anni

Milano - È il 30 gennaio 2002 quando Samuele Lorenzi, tre anni, viene ucciso nella villetta in frazione Montroz, a Cogne, dove vive con la famiglia: mamma Annamaria, papà Stefano e il fratellino Davide. L’autopsia accerterà che è stato ucciso con una serie di colpi inferti alla testa.
Il 14 marzo 2002 Annamaria Franzoni, mamma di Samuele, viene arrestata dai carabinieri. L’accusa, nell’ordinanza firmata dal gip di Aosta Fabrizio Gandini, è di omicidio volontario. La donna viene reclusa nel carcere torinese delle Vallette fino al 30 marzo quando viene scarcerata su decisione del tribunale del riesame di Torino, che accoglie il ricorso dell’avvocato difensore Carlo Federico Grosso: gli indizi non sono sufficienti.
L’8 aprile 2002 Annamaria Franzoni incontra a Novara i periti incaricati di accertare se la donna, al momento dell’omicidio, fosse capace di intendere e volere. "La signora è stata molto collaborativa, ha risposto a tutte le domande" commenta il perito della difesa Filippo Bogetto. La perizia stabilirà che la donna è sana di mente e lo era anche al momento dell’omicidio.
Si arriva al 10 giugno 2002 quando la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza del tribunale del riesame, che aveva scarcerato la Franzoni.
Il 25 giugno 2002 entra nel collegio difensivo, su nomina della famiglia Lorenzi, il professor Carlo Taormina. L’avvocato Grosso lascia l’incarico.
Il 4 ottobre 2002 il tribunale del riesame riesamina l’ordinanza di custodia cautelare e dichiara valida l’ordinanza. Ma Annamaria non torna in carcere. Il gip Gandini dichiara cessate le esigenze cautelari. Annamaria resta a piede libero.
Quasi due anni dopo, il 20 luglio 2004 il gup Eugenio Gramola, ad Aosta, condanna Annamaria Franzoni a trent’anni di carcere, il massimo della pena previsto con il rito abbreviato scelto dalla difesa.
Pochi giorni dopo, il 30 luglio 2004 Taormina presenta un esposto che contiene una soluzione alternativa del delitto, dopo una serie di indagini difensive.
Il 1 novembre 2004 si apprende che Taormina, Annamaria Fanzoni e altri consulenti della difesa sono indagati per calunnia e frode processuale: avrebbero alterato la scena del delitto. Nasce così l’inchiesta Cogne-bis.
Il 16 novembre 2005 si apre a Torino il processo d’appello. Le udienze sono aperte al pubblico, ma viene vietata la ripresa video all’interno dell’aula.
Il 19 dicembre 2005 Annamaria viene interrogata in aula dai giudici e ribadisce la sua innocenza.
Il 14 giugno 2006 secondo la nuova perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’appello e condotta sulle carte del processo (la Franzoni ha rifiutato di sottoporsi all’esame dei periti) asserisce che, nel caso in cui l’imputata fosse ritenuta colpevole, si può ipotizzare un vizio parziale di mente al momento dell’omicidio.
Il 20 novembre 2006 Taormina si leva la toga e abbandona l’aula, lasciando l’incarico in polemica con la Corte. Viene nominato un legale d’ufficio, l’avvocato Paola Savio.
Il 13 dicembre 2006 Taormina chiede alla Cassazione di trasferire il processo da Torino a Milano. A Torino non ci sarebbe "un clima sereno" nei confronti dell’imputata.
Il 6 febbraio 2007 Taormina riprende l’incarico di difensore di fiducia, su nomina della Franzoni.
Il 20 febbraio 2007 la Cassazione rigetta la richiesta della difesa: il processo resta a Torino.
Il 4 marzo 2007 Annamaria Franzoni nomina Paola Savio avvocato di fiducia, mentre Taormina lascia l’incarico.

Si arriva così alle ultime tappe del processo che si concluderà oggi.
Il 27 marzo 2007 il pg Vittorio Corsi chiede di confermare la condanna di primo grado.
Il 3 aprile 2007 l’avvocato Savio chiede che l’imputata sia assolta.

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