Il vicepremier diserta l’incontro con la comunità ebraica romana

da Roma

Martedì il ministro degli Esteri Massimo D’Alema incontrerà alla Farnesina il collega iracheno Hoshiar al-Zebani per firmare un «trattato di amicizia». E dunque non potrà essere presente alla scuola elementare ebraica di Roma per un dibattito organizzato in occasione della presentazione del libro di Luca Riccardi «Il problema di Israele, diplomazia italiana e Pci di fronte allo Stato ebraico». Questa la spiegazione ufficiale del forfait. Ma l’incontro era molto atteso dalla Comunità ebraica, perché veniva visto come una riappacificazione tra il ministro accusato spesso di avere posizioni piuttosto critiche nei confronti di Israele e la comunità romana.
C’è rimasto male persino un ex tesserato ds, il consigliere progressista della comunità ebraica Viktor Majar, già consigliere comunale a Roma: «Non ho rinnovato l’iscrizione al partito - si sfoga - perché non potevo più sopportare il fatto che il presidente dei ds metta all’indice gli ebrei e ne faccia costantemente la caricatura». Impegni o no, D’Alema «sbaglia a non partecipare all’incontro di martedì - dice Majar -: non bisogna sottrarsi al confronto perché il dialogo è un dovere, anche nostro, della comunità ebraica, nei confronti di un ministro che non sempre dice cose che condividiamo».
E infatti gli ebrei non amano D’Alema. Per martedì era stato organizzato un sit-in contro la visita del vicepremier al Ghetto. E a Portico d’Ottavia sono stati affissi dei manifesti di convocazione. Ma D’Alema doveva in ogni caso presentarsi, insiste Majar: «Chi ha affisso quei manifesti ha dato voce a una maggioranza silenziosa. Nessuno avrebbe insultato il ministro. Ma lui ha preferito non esserci».
Quello che viene interpretato come «un rifiuto» di D’Alema viene criticato anche sul sito filoisraeliano Informazione corretta: «Ha poco da accampare scuse per il solito precedente impegno», si legge a proposito del «no» del ministro.
L’incontro è solo rimandato secondo Luca Zevi, assessore al Culto della comunità ebraica: «La maggioranza della comunità è favorevole al confronto col ministro. Anche se c’è malessere per alcune dichiarazioni di D’Alema sugli ebrei italiani, al dialogo la comunità ebraica non rinuncia. Credo che il confronto con il ministro ci sarà».
Chi crede alla totale buona fede di D’Alema è Emanuele Fiano, ebreo e deputato dei ds: «Mi dispiace che l’incontro non si tenga e sono assolutamente certo che in questo caso l’agenda del ministro non lo permetteva». Una cosa è dire che «con il ministro ci sono state occasioni di dissidio», ma queste «nulla hanno a che fare con ipotesi di accuse nei suoi confronti di antisemitismo e di pregiudizio anti-israeliano». Perché D’Alema è «un democratico, un antifascista e un alto rappresentante del governo italiano».


Ma una parte trasversale della comunità romana del Ghetto, che vota a destra come a sinistra, non ha affatto gradito l’ultima intervista del ministro degli Esteri all’Espresso, in cui parlava di una «“lobby ristretta” che impedisce una discussione serena sul Medioriente». È la «maggioranza silenziosa» della comunità che non lo voleva.

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