«È risorto»: ha intitolato Il Riformista il commento alla manifestazione romana del Pd. E il direttore de Il Mulino così ravviato e colto, Edmondo Berselli, ha scritto su Repubblica un elogio del populismo di sinistra. Che Repubblica potesse giungere a valutare come positivo il populismo, è un evento mediatico, per anni questa parola è stata assegnata solamente ai berluscones come censura. Fu la parola comune della scomunica del partito intellettuale al grande movimento di popolo espresso nel volto di un uomo. Cosa straordinaria, e persino inquietante, ma infine realtà.
Veltroni ha definito la manifestazione come l'atto di una «piazza riformista», ma i riformisti ebbero le piazze solo con Craxi e a Milano e furono allora riunioni a favore del governo e non contro di esso. La «piazza riformista» è, per essenza, una piazza governativa. Ma il testo più commovente è quello pubblicato nel consueto messaggio domenicale di Eugenio Scalfari. Scalfari dichiara la sua passione disarmata, quasi infantile, che lo spinge a visitare la piazza prima della manifestazione come uno spazio sacro, pregando da laico che il popolo la riempia. E poi gridando la sua gioia quando la televisione gli restituisce una piazza piena: non importa di quanti, basta limmagine del video. Ma in genere tutti si sono compiaciuti perché la piazza aveva un volto, perché il pubblico, assai inferiore al milione, e non di meno era là. Il timore comune era proprio che la lunga storia comunista si fosse dissolta, che il sacro soggetto con cui si è identificata la cultura politica italiana finisse senza oggetto: e che Berlusconi e Bossi fossero il Paese reale che prendeva vistosamente le distanze dal Paese intellettuale, dalla stampa e dalla letteratura politica. Che una forza politica che controlla regioni, province e comuni di tanta parte dItalia e ha a disposizione la Cgil non potesse riempire il Circo Massimo era impossibile. Ma la piazza del 25 ottobre non è la piazza di Cofferati, quando egli schierò contro il governo Berlusconi la forza del sindacato allora potente e motivato.
Oggi Cofferati non potrebbe più produrre quella marcia su Roma e Nanni Moretti non potrebbe più animare i girotondi. Oggi Cofferati, rimosso dal partito, lascia la poltrona di sindaco di Bologna e la Cgil è unorganizzazione emarginata dagli altri sindacati.
Ma la piazza di Veltroni non era riformista e non lo è il Partito democratico. La grande crisi aperta dalle banche americane che fa degli Stati e dei governi i decisori delleconomia, dovrebbe interessare un partito riformista, che avrebbe chiesto lunità nazionale e interrotto ogni polemica con il governo nellinteresse del Paese. Come hanno fatto, a suo tempo, i laburisti inglesi, socialdemocratici tedeschi e i socialisti spagnoli. Ma il Pd non è in grado di fare questo e non lo ha fatto. DAlema e Bersani sono rimasti inclusi nella linea di Veltroni, mentre ad essa ancora si oppone Parisi e il gruppo dei costituzionalisti. I rifondaroli benedicono la piazza e Liberazione annuncia con reverenza che «parla Veltroni».
La manifestazione è stata fatta contro il governo come illegittimo e non democratico e Parisi e Di Pietro vi hanno raccolto firme per il referendum sul lodo Alfano. Lalternativa riformista è stata cancellata dal tempo nel Pds, sin dalla sua nascita alla Bolognina, quando Occhetto respinse la linea socialdemocratica offerta da Craxi e preferì una linea radicale che manteneva la rivendicazione del suo monopolio a sinistra propria del partito comunista.
Ci si meraviglia che Berlusconi sia così duro verso il Pd e verso le manifestazioni scolastiche da esso appoggiate e promosse. Egli sa ormai da decenni che DAlema è sconfitto e che la linea di Veltroni, il partito radicale che mantiene la differenza comunista, è vincitrice. Il Pd rimane antiberlusconiano per principio e quindi può giustificarsi solo con una lotta frontale contro il governo.
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