Vicolo Savini, smantellato il campo rom della vergogna

Emanuela Ronzitti

Ci sono volute poche ore per demolire definitivamente trent’anni di storia degli «stanziali» di vicolo Savini, il più grande ghetto rom d’Europa. Solo poche ore per smantellare e trasferire altrove gli innumerevoli disagi che per anni hanno prosciugato la pazienza degli abitanti dell’XI municipio. In tutto due giorni per vedere raso al suolo, dal braccio meccanico delle ruspe in movimento già delle 8 di ieri mattina, le centinaia di roulotte collocate all’interno di uno tra gli insediamenti più antichi dell’Urbe. Rapidi anche i trasferimenti degli oltre 800 nomadi dello storico campo (i primi insediamenti risalgono dalla Bosnia al 1987) che hanno trovato alloggio nella spianata allestita ad hoc dalla Protezione Civile con 200 tende, 85 bagni chimici e 30 docce.
La tendopoli, una lunga distesa tinta di blu che ospiterà i nomadi sfrattati, campeggerà per circa due mesi al chilometro 24 della via Pontina nei pressi di Castel Romano, in attesa di trapiantare definitivamente l’intera comunità rom all’interno di due mini villaggi da edificare in zona Trigoria, stavolta nel XII municipio. Territorio che già da tempo lamenta il peso dell’eccessiva presenza di rom all’interno di altri due campi attrezzati. Quello di Tor de Cenci e di Tor Pagnotta.
Tornando agli sfollati di vicolo Savini, da subito una ventina di famiglie, come alternativa al villaggio di Castel Romano, potranno richiedere un buono mensile di 500 euro al comune di Roma per trovare un alloggio stabile. L’operazione di transfert, che in apparenza parrebbe aver raccolto il placet delle principali parti sociali interessate, è stata davvero fulminea nonostante un lungo lavoro di preparazione avvenuto sottotraccia dall’equipe Veltroniana. «È una delle cose più importanti che abbiamo fatto in quattro anni - esordisce il sindaco - ci sono voluti un anno e due mesi di lavoro».
Soddisfatto anche il vice capo di gabinetto del sindaco Luca Odevaine che ha spiegato che le ragioni dell’urgenza a sigillare il campo dipendono dalla «Asl che il 1 settembre ha chiesto per motivi igienico-sanitari la chiusura del campo».
Una decisione che arriva dopo anni di battaglie dal fronte dell’opposizione contro quella cellula abitativa trasformatasi negli ultimi anni in un pericoloso ricettacolo d’illegalità. Da qui la decisione di Veltroni di emettere un’ordinanza d’urgenza a favore dello smantellamento delle favelas di vicolo Savini. Una precisazione d’obbligo arriva anche dal presidente dell’XI municipio Massimo Smeriglio «non si tratta di uno sgombero ma di uno spostamento concordato anche con i portavoce delle comunità rom». L’intera operazione di bonifica prevede due soluzioni: una parte della comunità rom verrà collocata all’interno di «alcuni moduli abitativi prefabbricati eretti nell’area di Trigoria» ha sottolineato Odevaine, mentre per la restante parte «verrà avviata ad un percorso di emergenza alloggiativa e potrà usufruire di un programma di assistenza godendo dei buoni casa per 4 anni». A ciò si aggiunge la possibilità di entrare nel mondo del lavoro attraverso il progetto di decoro urbano del comune.
Infine, coloro (solo pochi ndr) che hanno optato per il «libero rimpatrio» riceveranno un contributo per il viaggio di ritorno in Bosnia non anche ulteriori quote per il reinserimento nella città d’origine. Da oggi quindi, con il riconoscimento ai nomadi dei fondi destinati all’emergenza abitativa, non ci sarà più distinzione alcuna tra le famiglie rom e quelle meno abbienti romane. Una notizia che ha scompaginato le file dell’opposizione capitolina mandando su tutte le furie il vice presidente del consiglio comunale di Roma Fabio Sabbatani Schiuma. «È una vergogna che il Campidoglio finanzi la permanenza dei rom in appartamenti con i fondi per l'emergenza abitativa», attacca Schiuma «non solo perché i nomadi vivono in mobilità» ma anche perchè questo «è l'ennesimo schiaffo in faccia a tutte le famiglie in lista d'attesa, con sfratto esecutivo».

Stilettata anche dai rappresentanti del XII municipio Marco Cacciotti, Marco Scotto Lavinia e Andrea De Priamo che del trasferimento del campo dichiarano di non averne mai avuto notizia sostenendo infine che l’atto sia «un vero blitz di Veltroni».

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