Videoarte in piazza

D urante il suo breve assessorato, Stefano Zecchi disse che a Milano in fondo un museo d’arte contemporanea non serviva, sia perché istituzione desueta e costosa e sia perché, sotto la Madonnina, c’è da tempo chi si occupa della materia in modo proficuo. E infatti in attesa di quel museo contemporaneo che reclamavano già gli Scapigliati alla fine dell’800 e i futuristi nel ’33, Milano è diventata la capitale delle gallerie ma ha visto anche fiorire istituzioni private che di tanto in tanto aprono una finestra sulla scena internazionale. La Fondazione Trussardi, che da domani per un mese prende in prestito il megaschermo di piazza Duomo per una rassegna di videoarte, è una di queste. Non l’unica, sia ben chiaro. Molto il pubblico milanese interessato all’arte d’oggi deve a Fondazione Prada guidata da Germano Celant che in questi anni ha proposto grandi personali (memorabili quelle di Marc Quinn e di Tom Friedman), così come all’Hangar Pirelli alla Bicocca che ha appena concluso la prima «antologica» di due tra i più interessanti artisti della scena mondiale come Lucy e Jorge Orta. Ben vengano anche talune iniziative della Fondazione Pomodoro come quelle in cui fa da palcoscenico alle nuove tendenze della scultura. Fondazione Trussardi, tuttavia, resta l’istituzione che a Milano - sotto la direzione artistica di Massimiliano Gioni - ha saputo meglio mettere a disposizione della cultura artistica contemporanea risorse e potere che hanno permesso di superare burocrazia e polemiche, come quella sui famosi manichini impiccati di Maurizio Cattelan.
Così, dopo il recente successo della mostra del duo svizzero Fischli e Weiss a Palazzo Litta, raffinato dialogo glocal tra contemporaneità e architettura storica, godiamoci il progetto «Tarantula» che, nella più consona tradizione trussardiana, s’annovera tra le operazioni di «public art», cioè come incursione artistica sul territorio urbano. In questo caso il curatore propone un’operazione meno spettacolare (e forse per questo più interessante) rispetto alle provocazioni cattelaniane o alla roulotte di Elmgreen & Dragset che «spacca» l’ottagono di galleria Vittorio Emanuele. Utilizza invece i 500 metri di maxischermo che coprono i ponteggi di palazzo Reale per trasmettere ogni giorno, tra una pubblicità e l’altra, 60 minuti di videoarte d’autore, scelta tra opere vecchie e nuove di alcuni tra gli artisti più rinomati, come: Vito Acconci, Pipilotti Rist, John Bock, Victor Alimpev, Aida Ruilova, gli italiani Patrick Tuttofuoco, Roberto Cuoghi e altri ancora. I video verranno trasmessi sulla «Mediafacciata» a partire da oggi fino al 27 luglio tutti i giorni ad orari prestabiliti: alle 18, con replica alle 20, e nel weekend anche a mezzogiorno. La sfida è interessante perché agisce sul rapporto arte-pubblicità che rappresenta una peculiarità dagli anni ’90 in poi. Gli artisti di oggi, con le loro opere, dimostrano di essersi impossessati (anche troppo) del linguaggio dei media e questi ultimi, per ringraziare, concedono sempre più spazi e utilizzano nei loro spot le loro immagini.

Cosa aggiungerà «Tarantula» a questa corrispondenza di amorosi sensi? Si fermeranno gli indaffarati milanesi a guardare i video distinguendoli dagli spot? Di più: la città delle mode acquisirà anche la moda - da Trussardi - di guardare videoarte per strada? Male non può fare.

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