Videonoleggio addio, Blockbuster all’ultimo ciak

Stai ore davanti agli scaffali per scegliere un film. E finalmente, quando hai deciso, ecco arrivare il tizio che ti dice: «Lascia state, quello lì l’ho visto. È una cacata pazzesca...». Proprio come la «Corazzata Potionkin» e così tu - da buon rag. Fantozzi del videonoleggio - vai sul sicuro: ripieghi su «L’allenatore nel pallone», sfidando il sorrisetto di compatimento del cassiere Blockbuster.
Ma ora quel commesso ha poco da ridere, visto che sta per essere licenziato. Dopo un decennio di dominio del mercato, infatti, la crisi economica, le nuove tecnologie e la pirateria hanno praticamente «spento» Blockbuster Video, la grande catena di negozi per l’acquisto e l’affitto di film su dvd e blu-ray.
Gli amministratori della compagnia, che possiede quasi 3500 negozi in tutti gli Stati Uniti e succursali in 29 nazioni nel mondo, hanno annunciato che a metà settembre presenteranno istanza di fallimento. La scorsa settimana, riporta il Los Angeles Times, il presidente di Blockbuster, Jim Keyes, e i vertici di 20th Century Fox, Paramount, Sony, Universal, Walt Disney e Warner Bros si sono incontrati a Los Angeles per discutere un piano d’azione che consenta di salvare almeno parte dell’attività di homevideo rental. Blockbuster ha perso dall’inizio della crisi, ovvero dai primi mesi del 2008, circa un miliardo di dollari e gli interessi sui 920 milioni di debito che la compagnia deve pagare ogni mese stanno strozzando la mecca dell’homevideo.
Per arginare le perdite i vertici della compagnia hanno deciso per la chiusura di circa 800 punti vendita negli Stati Uniti e una «pre-planned bankruptcy», qualcosa di più del concordato preventivo della legislazione fallimentare italiana. Nell’ultimo anno Blockbuster aveva già chiuso mille punti vendita nel territorio americano, una crisi che non ha solo a che fare con la globale congiuntura economica negativa di quest’ultimo periodo, ma con un mercato che ha perso interesse per l’affitto di cassette e dvd a causa della pirateria via internet, della play-per-view e dei sistemi di affitto dei video con consegna a domicilio come Netflix e Redbox.
Anche in Italia la crisi si è fatta sentire. Da inizio 2008 la perdita economica dei Blockbuster italiani, che danno lavoro a 1500 dipendenti, è di 5 milioni di euro e un piano di ridimensionamento dovrebbe portare a breve alla chiusura di 20 dei 235 punti vendita presenti sul nostro territorio.
Sul sito internet del Los Angeles Times i lettori e i fruitori del servizio fornito da Blockbuster non hanno mancato di dare la loro interpretazione alla crisi della compagnia texana. Per molti una catena di distribuzione che affitta film a prezzi non competitivi e fa pagare salate multe in caso di consegna in ritardo del supporto video non ha più senso di esistere, nel mondo della grande comunicazione digitale. Difficile dargli torto, visto che ormai da tempo entrare in un punto Blockbuster era diventato motivo di ansia: dallo spauracchio della multa (che ti veniva appioppata regolarmente anche se tu, sul calendario della cucina, avevi scritto a caratteri cubitale RESTITUIRE FILM ndr) all’atteggiamento sempre più scostante dei commessi che - piuttosto di consigliarti un dvd, preferivano farsi scotennare da un indiano cheyenne. E così la scelta di un film da parte dei «tesserati» Blockbuster finiva per seguiva il fiume carsico del passaparola o la luccicanza degli sguardi dei cinefili in adorazione davanti allo scaffale dei «Nuovi Arrivi».

Magari sceglievi il titolo sbagliato, ma tra quei corridoi dalla terribile moquette blu poteva capitarti di fare nuove amicizie, fugaci e false proprio come quelle che si intrecciano sui luoghi di lavoro. Guai a rimpiangerle. Meglio noleggiare un bel film. Sempre ammmesso che il Blockbuster sotto casa sia ancora aperto...

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