Vietti Il cattolico che ha venduto l’anima a sinistra E ora si ritrova con gli stessi voti di Beppe Grillo

Il diavolo non è abituato al «soddisfatti o rimborsati» e ultimamente rifila patacche pure a chi gli vende l’anima. Uno che dovrebbe inviargli una bella letterina di reclamo è Michele Vietti, capomastro dell’Udc piemontese, che da quando Casini si è reinventato anti-berlusconiano si è trovato - da cattolico - a flirtare con la sinistra della Bresso. Salvo poi finire al 3,9% con soli 74mila voti, con soli due miserrimi seggi da consiglieri di minoranza. La parabola del due volte sottosegretario dei governi Berlusconi, ora, rischia di trasformarsi in un’iperbole di amarezza. Professore di diritto, docente della poco proletaria Luiss, socio del Rotary, del Circolo degli Scacchi, del Circolo degli Artisti e del golf club «I Roveri», ha fatto campagna elettorale con i sostenitori dell’aborto, delle coppie gay, dell’alchimia embrionale; con i No Tav, con la sinistra del centro sociale torinese «Askatasuna», con i radicali mangiapreti. Ha sciacquato nell’acqua santa dell’Udc tutti gli eccessi opposti; ha sibilato veleno per mesi contro la Lega e il governo. Perfino suo cugino, il sociologo ed ex centrista Massimo Introvigne, ha detto di lui che «è di destra, ma il modello Bresso lo penalizza meno nel suo settore della sanità privata».

Insomma, Vietti si turava il naso e cercava un posto al sole, quel «sole in piazza rare volte» cantato dal piemontesissimo Paolo Conte: magari una candidatura a sindaco di Torino nel 2011. Invece, con questa Caporetto, si è dovuto accontentare di «un lampo giallo al parabrise». Il resto è pioggia che lo bagna. Pioggia di critiche, non certo di voti.

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