
La vita, e ancor meno l'amore, non è per i tiepidi ma per gli intrepidi, e non è questione di carattere, si può anche essere timidi eppure lanciarsi senza paura di mettere in gioco tutto quanto. Ci si tuffa nella vita per motivi diversi: per stare al passo con l'innamorato, sfuggire alla solitudine, tenere la depressione alla larga, ingannare la morte una volta in più. Ci si tuffa anche per amore dell'arte: per cantare una vecchia canzone e renderla sempre nuova. Ma ci si può lanciare anche per tutti questi motivi assieme. Come racconta Ornella Vanoni in Vincente o perdente (con Pacifico, La nave di Teseo, pagg. 224, euro 18; in libreria dal 6 maggio). Si può vincere o perdere, l'importante è dare tutto sul campo. Così la Vanoni vive a cento all'ora proprio perché non ignora la sconfitta. «Ho camminato su tacchi altissimi. I più grandi stilisti mi hanno tagliato addosso abiti preziosi, mi hanno vestita di trasparenze e scintillii. Procedevo senza incertezze, guardando dritto davanti, sembrava impossibile raggiungermi. Parevo forte, infrangibile. Ma io so quanto sono stata fragile, e che bastava niente a mandarmi in pezzi - e infatti, a un certo punto, i pezzi non sono più riuscita a tenerli assieme. Un gigante e uno scricciolo nella stessa persona». C'era la vita, scintillante; e la vita segreta, fatta di insicurezze. Alla sera, la diva indossava la miglior versione possibile di se stessa e andava nel mondo, a vedere cosa succedeva. Ma non è così per tutti, fatte le debite proporzioni? Ecco perché si esce dalla lettura di Vincente o perdente con la convinzione di essere un po' meno soli.
In mezzo a queste considerazioni, sempre espresse in modo profondo e leggero, c'è molto divertimento del lettore ma anche della narratrice d'eccezione. D'altronde, a una certa età, ci si può concedere il lusso di fermarsi: le cose feriscono di più ma i filtri tendono a cadere. Il repertorio di aneddoti e personaggi è sterminato, cerchiamo qui di scegliere il meglio o meglio ciò che ci è arbitrariamente piaciuto di più.
APPUNTAMENTI Ornella Vanoni, artisticamente, nasce al Piccolo Teatro di Milano. Suo mentore è Giorgio Strehler. Diventerà anche uno dei grandi amori della sua vita. Il ritratto è eccezionale sia per le luci sia per le ombre. Vediamo uno Strehler inedito, che si chiude in bagno perché ha paura del responso del pubblico; che regala deodoranti a Natale perché, presi dal lavoro, macchinisti e operai sudano parecchio; che entra trionfalmente, sempre a Natale, a casa Vanoni, con un albero sottobraccio e mezzo teatro; che non capisce l'atteggiamento borghese di mamma e papà Vanoni, per niente felici della frequentazione: Strehler è un uomo sposato; che ritiene Ornella troppo riservata per salire sul palcoscenico; che inizia e subito interrompe collaborazioni prestigiose: forse non vuole nessuno capace di tenergli testa; che mette in cantiere un film tratto da Notti e nebbie di Carlo Castellaneta, un possibile scandalo perché la voce narrante era quella di un fascista, fedele al regime; che abbandona il progetto per timore di non essere all'altezza e di non riuscire a realizzare il capolavoro che tutti si aspettano da lui. Poi c'è il Giorgio capace di rovesciare addosso a Ornella tutto il suo amore; lo sperimentatore dell'erotismo e delle droghe; l'uomo di mondo al quale telefona Karajan; il regista geniale; l'innamorato generoso; il maestro nell'uso della voce e della gestualità. A proposito. La Vanoni sul palco, mentre affrontava i suoi classici tipo L'appuntamento, era di una scuola totalmente diversa da quella di Mina. La tigre di Cremona, che aveva fatto una gavetta strapaesana, in senso buono, si scatenava fisicamente e vocalmente. La Vanoni era quasi immobile e concentrata sulla voce. Due grandi artiste, due stili.
INVITO A CENA Se invitate la Vanoni a cena: lo champagne è obbligatorio, un tempo ne beveva una bottiglia al giorno; passabile anche lo spritz; focaccia ligure; mortadella, salame, brie ma soprattutto i cachi. Nella speranza di andare un giorno a cena con la Vanoni, posso anticipare che la mia ultima portata sarà un caco (non un caco vaniglia, sia chiaro!) immerso nel whisky. Alla faccia di chi dice che è un frutto triste.
GINO PAOLI «Se l'amore si misura a sofferenza, a patimento, a mancanza, a sensazione di urgenza permanente, be', il grande amore della mia vita è stato Gino». Lui si diceva fosse omosessuale. Lei era considerata anche lesbica. Gino era sposato. Ornella era fidanzata. Lui era inafferrabile, si teneva sempre a distanza, il che lo rendeva magnetico.
LUCIO DALLA «A lui associo un ricordo di bellezza. Io, alla fine, lo trovavo bellissimo. Non guardavo alla statura, ai peli... stupidaggini. Io vedevo energia, calore, talento». E la canzone più commovente, Quale allegria.
JANNACCI «Come tutte le persone che una sbirciata dentro la follia l'hanno data, conosceva il dolore, la pietà. E sapeva spezzarti il cuore quando cantava di Vincenzina. O ti inchiodava al magone che abbiamo dentro tutti, mettendoti davanti la certezza che cerchiamo di allontanare, e cioè che, alla fine, il futuro è un buco nero in fondo al tram».
HUGO PRATT «Si può mancarsi, sfiorarsi per tutta la vita e, allo stesso tempo, sentirsi sempre vicini, impegnati senza promessa in un legame stretto e resistente? Sì, si può. Con Hugo Pratt era così».
AZNAVOUR «Aveva una voce incomparabile, un dono. Ma non sarebbe bastata quella voce, perché serve anche la tigna, l'ossessione, e lui aveva una fiducia incrollabile in sé stesso. Ma come fai gli chiedevo. Con tutte queste lingue... come fai a ricordare i testi, a interpretarli così bene?». «Eh, Ornella» rispondeva sornione, invitandomi a sedere, «j'ai glissé sur ma merde, sono scivolato sulla mia merda».
CAETANO VELOSO «L'ho conosciuto che era un ragazzino, a Bahia. Magrissimo, con sempre su la salopette. Passeggiavamo per ore. È così dolce, intelligente, spiritoso. Terrorizzato come me dalle baratas, gli insetti tipici di quella zona. Che sono blatte, non solo giganti, ma pure volanti».
PINO DANIELE «Pino quando me la scrivi una canzone. Ornella tu hai fatto tutto, il teatro, la canzone popolare, la bossa, il progressive, il jazz... Che vuo' fa ancora?».
E poi c'è il figlio ritrovato, i nipoti amatissimi, e un'altra miriade di storie e personaggi.
Noi ci fermiamo qui. Ma c'è il libro, per fortuna.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.