Cè stato un gran spavento quando laltra sera le agenzie hanno battuto la notizia di un attacco di cuore dellex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton. Tempo due ore, però, ed ecco una seconda nuova notizia. Confortante. Bill Clinton sta bene.
Miracoli della chirurgia moderna. Clinton , operato al Presbyterian Hospital della Columbia University, non lontano da Harlem dove lex presidente ha i suoi uffici, è uscito dalla sala operatoria e si è subito attaccato al telefono. Ha parlato persino con Obama. Secondo fonti della Casa Bianca, la conversazione ha avuto luogo poco prima delle 19, luna di notte in Italia. Clinton ha spiegato al nuovo inquilino della Casa Bianca di sentirsi «in gran forma». A tal punto che il famoso paziente vuole rimettersi i piedi al più presto perché «gli sforzi necessari per Haiti sono a suo avviso talmente importanti che non intende riposare troppo a lungo, sperando di essere pronto a tornare al lavoro il più presto possibile».
Clinton, infatti, cammina, parla con la moglie Hillary, la figlia Chelsea, gli amici, e tornerà al lavoro lunedì per continuare ad occuparsi della martoriata isola, rispettando l'incarico che gli è stato assegnato sia dal segretario generale dellOnu Ban Ki-moon che da Obama.
Ma come, ci si può domandare, dopo un infarto già al lavoro? Sembra di sì. Del resto il suo medico ha tranquillizzato lopinione pubblica. Alan Schwartz, ha spiegato infatti che «lex presidente Usa non ha avuto un infarto» ma è stato deciso di operarlo perché negli ultimi giorni aveva avuto «piccoli dolori al petto, brevi ma ripetuti». Schwartz, parlando alla stampa circa due ore dopo lintervento durato trenta minuti in tutto (limpianto di due stent ad una arteria), spiega che loperazione è andata «molto bene», la prognosi «è eccellente» e che le condizioni dei bypass del 2004 «sono ottime». Tanto che la moglie Hillary, il segretario di Stato Usa, ha deciso di ritardare di 24 ore la partenza per un viaggio nel Golfo, al quale però non rinuncia. Già, perché nonostante l'eco planetaria dell'evento clinico, suo marito è stato sottoposto a un intervento che ormai è diventata routine negli ospedali di tutto il mondo. Ogni anno circa 1,25 milioni di americani subiscono la stessa operazione di Clinton e la prognosi è generalmente favorevole. In Italia accade la stessa cosa. «Noi ne facciamo circa 1500 allanno» spiega Luigi Donato, direttore della Fondazione Monasterio di Pisa e inventore del primo cuore artificiale interamente ideato e costruito in Italia: «Lintervento si chiama angioplastica che significa mettere una sonda dentro unarteria ostruita». Insomma sembra una sciocchezza a dirla in due parole. In realtà, si tratta di un intervento preventivo che evita un futuro infarto, di quelli che ti possono stendere mentre sei per strada e tanti saluti.
Qualche anno fa, però, di un attacco di cuore si moriva. Oggi, invece, solo il 5% delle persone che entrano in ospedale con un infarto non ce la fa. Anche chi finisce sotto i ferri, dopo 15 giorni, se ne torna a casa. E si interviene anche sugli ottantenni, prima curati solo con le medicine. Claudio Cavallini, direttore della cardiologia dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugina conferma i miracoli della tecnologia moderna: «Oggi, in certi casi, le valvole aortiche posso anche essere sostitute in anestesia locale. E ormai siamo in grado di diagnosticare attacchi di cuore molto piccole che, se non trattate, avrebbero effetti molto gravi». Si interviene in angioplastica, comè successo a Clinton: «I pazienti vengono ricoverati e la mattina dopo posso andare a casa» spiega lesperto. Ma attenzione.
Vincere con il cuore? Ormai è una routine
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