Vino sfuso anticrisi Torna l’osteria contro l’happy hour

Si fa presto a dire «osteria», come quelle fuoriporta cantate da Guccini o come quelle degli stornelli romaneschi dove dentro al vino ci mettevano l’acqua. Annacquato o no, il mezzo litro spillato dalla botte era nella tradizione italiana sinonimo democratico di aggregazione sociale, baluardo contro la depressione dei pensionati e meta rifugio di scorribande transgenerazionali. Il vecchio mito, ormai quasi disperso nelle grandi città salvo «mistificazioni», sembra rivivere nell’avventura di Aaron Brussolo, trentaduenne agronomo che cinque anni fa lanciò la sua sfida anacronistica: proporre come una volta la vendita e mescita di vini sfusi a prezzi popolari nel cuore della Milano by night, quella dei Navigli dove i locali fanno a gara per proporre l’aperitivo più glamour. Ma il giovane Aaron, di sangue veneto e toscano per formazione, è cresciuto in una concezione assai lontana da quella dell’happy hour alla milanese, più avvezzo semmai al mondo dei bacari nascosti nelle calli veneziane, dove «ombre» e «cicheti» sono un’esperienza socioculturale più che una moda.
Cosicchè, nella piccola ma animata via Casale a due passi dall’Alzaia Naviglio Grande, nacque la «Vineria», bugigattolo occupato per metà da sette botti di acciaio riempite a rotazione da vini sfusi regionali, dal Veneto alla Sicilia passando per la Toscana. I primi tempi, è pur vero, la viziata tribù dei navigli osservava incuriosita e un po’ perplessa quel ragazzone intento a imbottigliare bianco e rosso con l’imbuto e i tappi della ferrarelle. Ma ben presto l’idea fece breccia al punto che oggi la sua cantina è diventata una tappa cult sia per gli abitanti del quartiere che arrivano armati di cestelli e vuoti a rendere, sia per gli studenti a cui non sembra vero poter trascorrere una serata allegra pagando una manciata di monete.
«Il segreto -racconta Aaron- è stato offrire la qualità a basso costo; ma in fondo è un po’ un segreto di Pulcinella per gente, come la mia famiglia, che nel weekend andava in Veneto per cantine a riempire damigiane. All’inizio lo facevo per gli amici, ma poi mi son detto: perchè no?...». Una grossa mano, non se lo nasconde, gli è arrivata dalla crisi economica che ha fatto crollare i consumi e svuotato tanti pub che a Milano, fanno pagare una birra al banco anche otto euro. «Col vino sfuso, senza i costi delle etichette e della distribuzione, i prezzi si possono abbattere di oltre il cento per cento e inoltre i miei clienti risparmiano ancora se mi portano indietro le bottiglie vuote. Un esempio? Un valpolicella barricato del 2007 la faccio pagare tre euro al litro...».
Ottenuti i permessi, Aaron iniziò ad arredare il suo marciapiede con botticelle al posto dei tavoli e bidoni d’olio d’oliva come sgabelli, e d’estate riempie bicchieri fino all’una di notte. «Il fai da te -precisa- vale anche per la mescita e qui non si fa servizio ai tavoli. Ma i ragazzi sono contenti perchè una bottiglia la pagano cinque euro e un bicchiere soltanto un euro». La vineria «antinaviglio» sembra quasi un miracolo della crisi ma non solo.

«In città come Milano c’è un gran bisogno di ritornare ad una dimensione artigianale, diciamo più autentica rispetto alla degenerazione del consumismo. E un’osteria, se non è davvero popolare, è uno specchietto per le allodole di cui la gente, secondo me, comincia ad essere un po’ stufa...».

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