Ho visto «Apocalypto», il film di Mel Gibson contro il quale si sta scatenando unondata di polemiche a causa delle tante e raccapriccianti scene di violenza che sono state rappresentate dal regista australiano. Quella sulla violenza del film è una discussione inutile, in quanto è evidente che questo film non sia per bambini né per famiglie né per spettatori particolarmente impressionabili. È interessante invece parlare del contenuto del film, perché Mel Gibson ha voluto sferrare un attacco frontale al mito del buon selvaggio che da secoli domina la cultura occidentale. Apocalypto racconta la storia di un uomo che riesce a salvare se stesso e la sua famiglia dalla violenza della civiltà in cui si trova a vivere. Alla fine il bene vince ed è da questo che si apre la speranza di un nuovo inizio, quello che il protagonista e la sua famiglia vanno a cercare nella foresta. Ma il filo rosso della storia, il bene che abita il cuore delluomo, passa attraverso una civiltà in cui domina la violenza, in cui luomo non vale nulla, in cui si pratica il sacrificio umano. Mel Gibson ha voluto dirci che le civiltà precolombiane sono segnate da una brutale disumanità e questo è dovuto al fatto che in esse vi è lidolatria, cioè non vi è Dio. Nel vedere la violenza che sprizza sangue in ogni fotogramma viene in mente la famosa frase di Dostoevskij: «Se Dio non cè tutto è possibile». Questo documenta Apocalypto, la disumanità che produce lassenza di Dio, una disumanità che però non è totale, non è definitiva, perché il cuore delluomo vuole altro, vuole lamore, la pace, lamicizia. Il film lascia aperta questa domanda, è il nuovo inizio verso cui si va assieme al giovane maya Zampa di Giaguaro e alla sua famiglia.
Il film di Mel Gibson si presenta quindi come una descrizione della civiltà Maya nella sua decadenza, ma è anche un monito al mondo occidentale.
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