Un vicino di casa musicofilo avrebbe gradito quel diluvio di note, ripetuto gratuitamente con cadenza quotidiana. Bach. Mozart. Paganini. Orazio Corva si esibiva per ore al violino fra le mura di casa, un appartamento della Barona, popolare quartiere della periferia milanese. Ma al piano di sopra non gradivano quei virtuosismi. Correva il 1997 e il giovane si preparava allesame finale per conseguire il diploma al Conservatorio di Novara. Nel giro di pochi giorni superò la prova e ricevette come premio, oltre alla solita pergamena, un bel papiro di carta bollata: i condomini lavevano portato in tribunale e chiedevano un risarcimento record, 360mila euro.
Dieci anni dopo, comè normale col metronomo della giustizia italiana, ecco il finale: Corva dovrà pagare 55mila euro, 20mila come risarcimento e altri 35mila per le spese processuali sostenute in uninfinita serie di giudizi.
Sette processi, come le note del pentagramma. Una guerra snervante, con colpi di scena e vittorie da una parte e dallaltra, ma soprattutto una sconfitta per la musica: «Fra una causa e laltra - racconta lui - ho continuato a studiare e a prepararmi, ma in cantina. Poi a un certo punto ho cambiato vita e ora lavoro nel marketing con buone soddisfazioni».
Alletà di 34 anni il violino e i capricci di Paganini sono solo un passatempo; compagni di vita per concerti fugaci, magari al matrimonio di qualche amico. Quel che resta è un groviglio di udienze e processi a dir poco contraddittori: due procedimenti cautelari, il primo a favore di Corva, il secondo della controparte, con lordine di insonorizzare i locali. Poi cinque processi. Un rimpallo da far venire il mal di testa, fra tribunale e giudice di pace per stabilire a chi toccasse sentenziare sulle immissioni sonore. Quindi due verdetti che fanno a pugni: quello del giudice non togato dà ragione a Corva, imponendogli solo di versare una piccola cifra per non aver insonorizzato i locali; il successivo, firmato dal tribunale di Milano, capovolge il precedente. Stabilisce un risarcimento, peraltro contenuto nei ventimila euro contro i 360mila reclamati sulla carta bollata, ma in coda aggiunge quei 35mila euro per le spese processuali e legali accumulate fascicolo dopo fascicolo. Dunque, il violinista pagherà più per gli avvocati e le varie voci della giustizia che per loggetto della contesa.
Decisiva la consulenza tecnica svolta da un ingegnere: «Abbiamo fatto tutte le simulazioni possibili - spiega Corva -, io ho provato a suonare con le finestre chiuse, i tecnici misuravano il rumore al piano di sopra con le finestre aperte e viceversa». Alla fine, altro paradosso di questa storia, le note erano entro i confini della legge, ma oltre quelli della giurisprudenza che è assai più restrittiva. In pratica, la musica di Corva era di un soffio sopra i tre decibel, oltre il rumore di fondo, tollerati dalla giurisprudenza, ma sotto il tetto dei 40 decibel previsti dalla norma. «E - aggiunge lui - lo sforamento venne registrato solo nel soggiorno dei vicini e solo con le loro finestre aperte, o almeno accostate».
Preso il diploma, Corva continua a suonare ma mette a modo suo la sordina ai concerti domestici: «In effetti linsonorizzazione che avevo fatto realizzare, un po artigianale, non funzionava bene e così mi sono trasferito come un topo in cantina». Difficile che lo sentissero fin lassù.
Non importa. La causa è andata avanti, quasi astratta, fuori dal tempo e dallo spazio. Ora il verdetto beffa: «Ho cominciato a versare la cifra stabilita dal giudice e ho anche cambiato casa. Troppe sofferenze e emozioni: questa battaglia è durata anche troppo e mi ha portato via la tranquillità».
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