Confesso di aver sempre avuto un debole per i giovani «genialoidi». Con il passare del tempo, dal mio osservatorio di insegnante, mi accorgi di quanta mediocrità e di quanto conformismo pervada la nostra gioventù. Questo non significa che giustifichi la maleducazione e la volgarità che ci arrivano da chi è dotato di talento ma è incapace di stare al mondo rispettando le regole elementari della convivenza, però se alla fine sono chiamato a esprimere un giudizio, sono più indulgente verso chi mi ha dimostrato - sul piano dello studio, del lavoro - grandi qualità. Posso aggiungere che i ragazzi di questo tipo mi fanno anche rabbia: se ho con qualcuno di loro confidenza, spiego che stupidamente si rovinano con le proprie mani. Tuttavia, la mia è una rabbia, per così dire, paternalistica: vorrebbe correggere, aiutare, spiegare, perché sullo sfondo rimane lammirazione per il talento.
E veniamo al ragazzone nero Balotelli che è specializzato a combinarne una più di Bertoldo. Perché ci interessiamo di lui? Perché porta un nome italiano pur avendo la pelle scura? Perché è uno scapestrato, un trasgressivo, un impudente? certo, tutto questo messo insieme, ma a cui si deve aggiungere uno straordinario talento calcistico, soprattutto - per chi mastica queste cose - in un ruolo che i nostri compatrioti ricoprono con difficoltà: lattaccante puro. Insomma, Balotelli non è uno qualunque.
Si dirà: a maggior ragione, con la quantità di soldi che guadagna e con la visibilità che possiede giocando a calcio , quindi, rappresentando per tutti i ragazzi una figura che entra nel loro immaginario, non si può essere indulgenti con lui, se non altro per evitare che il «modello Balotelli» venga imitato. Considerazione che ha un indiscutibile fondamento, ma con esse non deve però passare il messaggio che il talento, la genialità, siano qualità inferiori alla buona educazione. Capisco che questo è un crinale sottile: da un lato si scivola nella demagogia, dallaltro nel perbenismo. Se si potesse celebrare il talento unito al comportamento corretto non saremmo qui a discutere.
Adesso Balotelli entra nella cronaca non sportiva perché compie il bel gesto di regalare a un barbone mille sterline dopo averne vinte al gioco oltre ventimila. Una smargiassata delle sue? Comunque sia quei soldi poteva tenerseli in tasca e non regalarli a un poveraccio. Perché dobbiamo essere così prevenuti da non considerare quel gesto un atto di generosità?
Balotelli, quando ritorna a ragionare dopo aver fatto qualche grave scorrettezza nel campo di gioco o fuori, si mostra pentito, si accorge di aver sbagliato, promette - come i bambini piccoli - che non lo farà mai più. E questo è il punto. Lui è un grande calciatore, ma chiaramente una persona infantile e fragile. La famiglia che lo ha adottato è eccellente, ma quale sarà il suo fondo genetico a cui purtroppo non si sfugge?
Per di più un calciatore ha una formazione «a rovescio» verso la proprio piena maturità. In genere una persona cresce con gli anni, accumula esperienza e competenza e, col passare del tempo, raggiunge livello migliore di professionalità e di stipendio. Un calciatore, invece, è lesatto opposto. A ventanni sulla cresta dellonda poi con il tempo scende la china. Questo processo brucia le tappe della formazione e non favorisce la reale maturazione psichica.
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