Cronaca locale

Una vita da «cani» per i gatti del Castello

La signora Rosy accudisce da 22 anni i circa 60 felini senza fissa dimora - tutti vaccinati e sterilizzati dalla Asl - che vivono nei fossati del Castello Sforzesco. «I gatti - dice la Rosy, toscana di Montecatini ma milanese d’adozione - sono gli unici animali che possono insegnarci a prendere la vita con equilibrio».
Felini di razza
Mentre parla inizia ad aprire scatolette. E loro sbucano silenziosi e agili da ogni parte: risalgono un fossato, appaiono da dietro un cantiere, da sotto le fronde di un pino mugo. A parte rare eccezioni si tratta di animali belli, anche di razza, senza segni di malattie o di lotte all’«ultimo occhio»: soriani, tigrati europei, incroci con gatti birmani e con siamesi, perfino un vecchio gatto d’angora ribattezzato Billo che porta i suoi 14 anni con un residuo di dignità. Gatti in parte nativi del luogo e in parte abbandonati, magari nottetempo, da padroni senza scrupoli. E di questo rapporto così conflittuale con gli umani, tutti e 60 conservano un ricordo drammatico che si traduce in una estrema diffidenza nei confronti dei bipedi con telefonino. Anche se i turisti fanno più foto a loro che alla Torre del Filarete o alla Rocchetta.
Abbandoni e crudeltà
«Purtroppo - prosegue la Rosy - gli abbandoni non accennano a diminuire: nel solo periodo di Natale la colonia si è ingrandita di almeno 10 nuovi esemplari». Per arginare il fenomeno Palazzo Marino fa quello che può: «Gli abbandoni - dice Gianluca Comazzi, Garante per la tutela degli animali di fresca nomina comunale - sono un malcostume che intendiamo debellare sia col potenziamento e la valorizzazione delle Guardie zoofile, sia con l’apposizione di cartelli di avvertimento in tutta l’area del Castello: dal 2004 l’abbandono degli animali è punito dal Codice penale con la reclusione fino a un anno».
Per ora Rosy si arrangia come può. Non apre solo scatolette: si accorge quando le bestiole presentano sintomi preoccupanti, riesce a avvicinarle e le porta dal veterinario, si mette alla ricerca dei dispersi che ritrova a volte intrappolati nei luoghi più inaccessibili del maniero; seleziona i nuovi arrivi (soprattutto gatte abbandonate con cucciolata al seguito) per portarli alla Asl a sterilizzarli. Insomma fa tutto il possibile per aumentare il benessere della colonia che è davvero relativo: se gli ospiti del Castello potessero parlare, ne avrebbero di cose da raccontare! Anzitutto che nessuno di loro muore a causa di malattie bensì sbranato dal cane di un padrone sadico, o semplicemente lasciato a scorrazzare nei prati; o a causa di una sassata o di un calcio dato troppo forte dal solito «bambino-lupo»: episodi che spesso si verificano tra l’indifferenza di passanti, genitori e perfino insegnanti. «Una mancanza di rispetto - dice Edgar Meyer, presidente di Gaia, associazione animalista e ambientalista - che ormai si verifica solo a Milano. Il rimedio? Le amministrazioni di Genova, Firenze e Roma, per esempio, hanno dichiarato i gatti allo stato libero patrimomio bioculturale della città proprio per scoraggiare piccoli e grandi sadismi ai loro danni».
Amici dei gatti
Ma qualcosa si sta muovendo anche a Milano dove da poco si è costituita la Associazione amici dei gatti del Castello formata da Comune, Gaia e Oipa (Organizzazione internazionale protezione animali). Questo nuovo organismo ha già ottenuto da un produttore di cibo per gatti, la Almo Nature di Genova, una donazione di 105 chili di crocchette e di 5mila 220 tra scatolette e buste di cibo per sfamare con prodotti di buona qualità la colonia per circa un anno. Gli Amici dei gatti hanno poi ideato un calendario con le foto dei beniamini sforzeschi che è in vendita alla libreria del Castello: «Un’iniziativa - dice ancora Comazzi - con cui speriamo di raggranellare abbastanza soldi per migliorare la non facile condizione di questi animali abbandonati che la legge 281 del 1991 e il regolamento comunale tutelano».


Rosy è contenta, ma non del tutto: «Lo sarei - conclude - se nei fossati del Castello mettessero qualche struttura in legno per consentire ai mici abbandonati di non essere sempre a contatto con fango e umidità: qui durante l’inverno riniti, reumatismi e artriti la fanno da padroni».

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