Vita (romanzesca), opere (tantissime) e segreti (svelati) di Georges Simenon

Tiziano Fratus, esperto dello scrittore belga, racconta "tutto quello che dovremmo sapere" sul padre di Maigret e la sua opera sterminata

Vita (romanzesca), opere (tantissime) e segreti (svelati) di Georges Simenon

Georges Simenon (Liegi, 1903 Losanna, 1989) è il caso letterario del Novecento: un autore capace di conquistare un pubblico planetario e di mantenere una popolarità che attraversa le generazioni. Le sue opere continuano infatti a registrare numeri altissimi, grazie a uno stile limpido e a una produttività instancabile. Ogni giorno scriveva per almeno otto ore, immerso in una disciplina creativa che molti hanno paragonato a quella di Balzac. E scriveva ovunque si trovasse. L'ultima dimora fu la "Maison Rose" di Losanna, dove morì nel 1989 dopo aver dettato le ultime opere a un magnetofono.

Un successo che però non lo ha messo al riparo dal disprezzo di un'élite intellettuale, che lo accusò di uno stile fin troppo sobrio. In effetti, il suo Maigret usava non più di duemila parole, con frasi essenziali ma calibrate. Ma, seppur essenziali, sempre armoniose e ben calibrate.

Luoghi, oggetti e atmosfere sono resi con precisione da restituire la sensazione di qualcosa vissuto in prima persona: dal pescatore con gli stivali di gomma che raccoglie ostriche all'operaio sporco di carbone, ogni dettaglio è reale, ma prima di ogni altra cosa privo di retorica e di qualunque fondo moralistico: "Noi scrittori dobbiamo frequentare la gente comune. Quando parlo con un contadino che mi racconta delle sue mucche, imparo qualcosa. Anche un operaio insegna sempre qualcosa".

Simenon rimase ai margini delle polemiche, evitando i salotti letterari e, soprattutto, la sua dedizione assoluta alla scrittura non sfociò mai nel compiacimento o nella spettacolarizzazione del macabro. Uno dei tratti distintivi dei suoi romanzi è proprio la sobrietà con cui rappresenta l'orrore, che non è mai gratuito o rozzo. Allude e accenna, ma non mostra, a differenza del noir contemporaneo che, non di rado, scade nel pacchiano e nel disturbante. Una produzione frenetica, rallentata solo negli ultimi anni, segnati da lutti devastanti come il suicidio della figlia. Da quel momento non mise più piede nella stanza dove teneva i suoi libri, come se la letteratura fosse diventata, d'un tratto, insostenibile anche alla sola vista.

A raccontare aneddoti, dettagli insoliti e lati meno noti di questo straordinario personaggio è L'affaire Simenon, sottotitolo: "Tutto quello che dovreste sapere sul padre di Maigret e sulla sua opera sterminata" (Solferino, pagg. 475, euro 22,90) di Tiziano Fratus, una sorta di enciclopedia narrativa che ne esplora a fondo l'universo. Il cuore del volume sono le sinossi dei romanzi: non semplici riassunti, ma compendi ricchi di curiosità, retroscena critici e riferimenti alle trasposizioni. Non mancano approfondimenti sull'intera macchina editoriale, sul versante cinematografico e sulle innumerevoli versioni teatrali e televisive. Fratus indaga la vita privata, la fortuna editoriale e tutte le forme di adattamento artistico legate alla sua opera, costruendo un lavoro ricco e articolato, che alla fine risulta coinvolgente per il lettore.

La vita nomade di Simenon, intensa quanto la produzione, iniziò presto: a 16 anni era cronista di nera a Liegi. Con il trasferimento a Parigi si dedicò completamente alla narrativa. I primi romanzi sentimentali e le goffe traduzioni, anche quelle italiane, che storpiavano i nomi francesi, segnano negativamente quel particolare periodo della sua carriera. Ma fu con Maigret che ottenne fama e guadagni straordinari.

Amava viaggiare e cambiare casa e compagna, ma evitava le feste mondane, pur sapendo promuoversi bene. Emblematica, in questo senso, la campagna pubblicitaria della prima collana dedicata a Maigret: un ballo antropometrico organizzato in un locale notturno, alla "Boule Blanche" a Montparnasse, con inviti ideati come mandati di comparizione, e gli invitati, travestiti da gangster o prostitute, che dovevano lasciare le impronte digitali all'ingresso.

Il volume di Fratus è un profluvio di aneddoti ma si rivela prezioso anche per chi voglia orientarsi in una bibliografia labirintica: nomi che cambiano, raccolte che si sovrappongono, romanzi che riappaiono con titoli diversi, traduzioni internazionali a volte surreali. Ricostruisce ogni fase del processo creativo - scrittura, revisione, consegna all'editore - che, in media, si concludeva nell'arco di tre settimane. Nei suoi anni più prolifici, Simenon arrivava infatti a scrivere otto romanzi di Maigret all'anno, mantenendo una media di ottanta pagine al giorno.

Fratus si sofferma anche su quegli elementi spesso considerati secondari rispetto alla trama, e che invece contribuiscono in modo decisivo a rendere unica la scrittura di Simenon: l'attenzione alle atmosfere, ai quartieri cittadini, agli interni domestici, ai profumi, ai gesti quotidiani e, soprattutto, al cibo, che per lui - e quindi per Maigret - assume un valore narrativo centrale. "Maigret infilava la chiave nella serratura, con la giacca sul braccio, gridava un tradizionale Sono io! e annusava.

Indovinava dall'odore cosa ci fosse per

pranzo". Forse anche per questo Gino Cervi - così come il pubblico italiano - lo amava profondamente, confessando: "A Maigret voglio bene. Mi piace tutto di lui, anche quello che mangia e beve. Forse è un oriundo emiliano".

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