Vito e gli Eneas, nonni da hit parade

A sorpresa quattro ultrasettantenni del Pio Albergo Trivulzio sono un fenomeno rock

Paolo Giordano

da Milano

Altro che lenti, loro sono rock. Ma rock di brutto, come direbbe il loro pubblico di giovani. Vito e gli Eneas sono la notizia musicale perfetta: nessuno se l’aspettava ma con il brano Lento sono finiti nella classifica dei singoli più venduti, per di più molto in alto, ossia al terzo posto dopo Shakira e gli Zero Assoluto. E poi lo hanno fatto a costo quasi zero, senza battage pubblicitario, senza marchette, senza sanguinarie legioni di uffici stampa al seguito. Infine il colpo vincente: i quattro Vito e gli Eneas fanno trecentodieci anni (310) complessivi. Il più giovane ne ha settantacinque, il meno giovane ottantatre.
Egle, Clotilde, Nicola e Ugo vivono al Pio Albergo Trivulzio, che con questo exploit ritorna alle cronache dopo gli sconquassi di Tangentopoli, e si intendono di musica come può fare un appassionato, mica un professionista. Tanto per dire, prima di diventare rockstar, Egle era un’insegnante di stenodattilo e corrispondenza commerciale, e pure tutti gli altri hanno svolto lavori che con lo spartito non c’entrano nulla. A trasformarli nei Buena Vista Social Club italiani è stato Vito Noto, che detto per inciso, è il loro geriatra oltre che direttore medico del Pio Albergo Trivulzio. Lui dice: «È un modo di far riflettere la gente sul problema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti». E, in effetti, Lento (che è distribuito dalla Edel dopo il prevedibile rifiuto delle major) ha una strofa che ti fulmina: «Presto o tardi, il vecchio lo sarai anche tu». E ancora più sorprendenti sono i dati sul grande pubblico che ha iniziato a seguire i Vito e gli Eneas: è per lo più compreso tra i 25 e i 40 anni di età e in sostanza potrebbe essere composto dai loro figli o nipoti.
«Il successo - ha spiegato il sociologo Sabino Acquaviva - deriva da una combinazione di fattori. Innanzitutto la musicalità della canzone. Poi la differenza di età tra i cantanti e gli ascoltatori. E infine il crollo sempre più netto della separazione tra la “terza età” e i più giovani». Insomma, come dice Noto, «in un mondo che va veloce, noi facciamo come Kundera: l’elogio alla lentezza». E che la loro lentezza sia davvero rock i Buena Vista milanesi lo hanno dimostrato in tv (da Andrea Pezzi al Tornasole su Raidue, per esempio) poi anche dal vivo al Mantova Musica Festival e sta a vedere che potrebbero sbarcare pure al prossimo Festival di Sanremo (che però quest’anno li ha rifiutati).
Intanto loro - che sono pronti a partire per i concerti su di un pulmino e tutti i giorni fanno un giro in sala prove - si sono tolti la soddisfazione di collaborare con i più grandi jazzisti italiani visto che nel cd c’è anche una versione strumentale di Lento riarrangiata ed eseguita da Franco Cerri, Bruno De Filippi, Enrico Intra, Marco Vaggi e Tullio De Piscopo. Difficile coinvolgere un plotone di maestri come questo senza un progetto valido.

E forse a convincerlo è stata anche la copertina del cd (i cui proventi andranno al Centro Studi Cure Domiciliari Onlus) che raffigura il giovane Enea mentre porta in salvo il padre Anchise e spiega senza dubbi lo scopo del disco. Che è sbarcato in classifica, è arrivato al terzo posto, è stato persino supportato da un videoclip e ora aspetta di diventare uno dei tormentoni dell’estate (lasciando a tutti almeno l’obbligo di rifletterci su).

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