Prima vittima per il turismo delle staminali

«Diffidare assolutamente di chi promette vaghi e generici trattamenti con le cellule staminali per qualsiasi tipo di malattia, di chi non ha pubblicato su riviste scientifiche importanti ma magari ha scritto libri autofinanziati e informarsi e vedere bene com’è la clinica»: sono alcuni dei consigli che Giulio Cossu, direttore della divisione di Medicina rigenerativa del San Raffaele di Milano, dà a chi pensa di andare all’estero per ricevere cure con cellule staminali.
Un avvertimento lanciato tante volte e che suona più che mai attuale dopo il caso della donna inglese, morta in seguito ad alcune iniezioni di cellule staminali in Thailandia per curare una malattia renale, così come riportato oggi dal New Scientist. Secondo l’analisi post mortem riportata sul Journal of the American society of nephrology, si erano formati strani noduli sul rene, il fegato e la ghiandola surrenali, quasi sicuramente provocati dalla terapia di staminali.
Da tempo esperti e ricercatori sono impegnati contro il fenomeno del turismo da staminali. Tanto che nel 2008 la Società Internazionale per la Ricerca sulle Cellule Staminali (Isscr) ha emanato delle linee guida per mettere ordine in questo campo. «Sono linee guida importanti perché le regole che i Paesi occidentali si impongono in questo tipo di ricerche non sempre sono osservate in Paesi emergenti, come Cina, India o Corea», commenta Michele De Luca, uno degli autori italiani delle linee guida. Impegnato su questo fronte è anche Gianvito Martino, direttore della Divisione di Neuroscienze dell’Istituto San Raffaele di Milano. «Sono centinaia i pazienti italiani che ogni anno intraprendono questi viaggi, attratti dalle promesse di una cura, e che, nella migliore delle ipotesi, tornano così come sono partiti, ma con le tasche alleggerite. Al contrario, cominciano a essere frequenti i casi di infezioni e di tumori».
Queste cliniche delle cellule staminali si trovano in vari Paesi del mondo, dalla Cina alla Thailandia, dalla Repubblica Dominicana a Manila, a Barbados. «Assicurano l’efficacia della terapie nel 40-50% dei casi - aggiunge il neurologo - e curano ogni tipo di problema, dalla calvizie all’ Alzheimer, non solo la Sclerosi Multipla, ma non dicono nulla circa il tipo e la qualità delle staminali che utilizzano. Puntano sull’effetto placebo per indicare i pochissimi casi positivi, ma alla fine non si sa che cosa fa che cosa». Martino pensa che in molti casi si arrivi anche a infondere acqua invece che staminali, oppure cortisone, che dà qualche giorno di sollievo e alimenta l’illusione.

Per evitare falsi miraggi e drammatici viaggi della speranza di chi insegue cure miracolose e costosissime, pubblicizzate online da cliniche con pochi scrupoli, da oggi c’è anche un sito (www.closerlookatstemcells.org).

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