Patricia Tagliaferri
RomaIl vizietto costa caro a Piero Marrazzo. Per una sola prestazione con un trans il presidente della Regione Lazio ha pagato 5mila euro. È lui stesso a raccontarlo ai magistrati che indagano sul ricatto organizzato da quattro carabinieri che lo avrebbero minacciato di diffondere un video a luci rosse. Il particolare è finito nellordinanza darresto del gip Sante Spinaci: «Marrazzo - si legge nel provvedimento - ha precisato che tra l1 e il 4 luglio del 2009 si recava in un appartamento per avere un incontro sessuale a pagamento con una certa Natalì. Qui, dopo essersi parzialmente spogliato, deponeva 3.000 euro - parte della somma concordata, pari a 5.000 euro - su un tavolino, conservando la rimanente parte e i documenti allinterno del portafogli. Mentre si accingevano a consumare il rapporto sessuale, si presentavano alla porta due uomini qualificandosi come carabinieri (Luciano Simeoni e Carlo Tagliente) ed entrando nellappartamento assumevano un atteggiamento estremamente arrogante, tanto da incutere soggezione e paura». I carabinieri a quel punto si fanno consegnare dal governatore il portafogli e gli fanno capire che se vuole evitare guai dovrà pagare parecchio. Marrazzo offre loro tre assegni, uno di 10.000 euro e altri due da 5.000. Prima di andare via i carabinieri lasciano al presidente un numero di cellulare dove contattarli per la consegna di altro denaro. «Marrazzo poi si accorgeva - scrive poi il gip - che dal portafogli mancavano 2.000 euro e che non cerano più i 3.000 sul tavolino, circostanza per la quale Natalì si mostrava contrariata». Qualche giorno dopo in Regione, puntuale, arriva la telefonata. Chi parla si qualifica come carabiniere. È linizio della fine.
Costretto dagli eventi a vedere il video in Procura, il governatore deve parlare della droga ripresa nel filmato. Sottolinea «di aver notato la polvere bianca non quando era entrato in casa ma solo durante la permanenza dei carabinieri nellappartamento, ricollegando la presenza della polvere allattività dei carabinieri che avevano ripreso il suo documento accanto alla polvere che non cera più quando era uscito dallappartamento». Nellordinanza viene poi riassunta la versione di Tagliente, Simeone e di Nicola Testini. I tre militari hanno raccontato di aver avuto il video da un loro confidente gravitante nel mondo dei trans, tale Gianguarino Cafasso (deceduto a settembre) il quale chiese loro di aiutarlo a venderlo. Le trattative sarebbe continuate anche dopo la sua morte con laiuto del collega Antonio Tamburrino che contattò lamico fotografo Massimiliano Scarfone e lagenzia PhotoMasi di Milano. «A pochi giorni dalle perquisizioni - si legge nellordinanza - i carabinieri si erano accorti di probabili indagini dei colleghi del Ros e avevano deciso di distruggere i cd contenenti il filmato».
È Tagliente a raccontare ai magistrati che 15 giorni prima della consegna del video lui e Simeone avevano ricevuto la soffiata da Cafasso di un festino in via Gradoli. Dopo il blitz, la sorpresa. «Era presente un uomo in parte svestito - scrive il gip riportando le loro prime dichiarazioni - che avevano subito riconosciuto come Marrazzo che li aveva pregati di non fare nulla per non comprometterlo in considerazione della sua posizione, e che li avrebbe ricompensati». Durante linterrogatorio i tre cambiano in parte versione e dicono che il video durante il blitz in via Gradoli era stato girato dal trans Cafasso a loro insaputa e che prima di uscire avevano gettato la droga nel water. Una tesi che il gip ritiene un «mero espediente difensivo, teso ad attribuire ad altri la condotta di registrazione che non può invece che riferirsi agli stessi autori del controllo».
Intanto la Procura sta valutando lipotesi di allargare lindagine ad altri casi di presunti ricatti hard che coinvolgerebbero due o più politici. Nessuna conferma ufficiale. Nemmeno sullipotesi che lo stesso Marrazzo possa essere già stato iscritto sul registro degli indagati per peculato e corruzione.
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