Vladimir Jurowski e la «Settima» per l’Auditorium

La più celebre Sinfonia di Ciaikowskij

Piera Anna Franini

È un direttore di gran temperamento e istinto musicale. Alle spalle solidi studi, prima con il padre poi con direttori di vaglia come Colin Davis.
Tutto ciò sebbene sia reduce di un Onegin, opera di Ciaikovskij lo scorso gennaio alla Scala, tutt’altro che lodevole: spesso mancava la quadratura del tempo, palcoscenico e buca d’orchestra hanno conosciuto momenti di imbarazzante disorientamento.
Incidenti di percorso a parte, Vladimir Jurowski, nato a Mosca nel 1972 ma accasato in Germania, è una cara conoscenza di Milano che lo ha visto crescere e dove tornerà stasera alle 20.30, domani alle 19.30, e domenica alle 16, per eseguire la Settima Sinfonia «Leningrado» di Šostakovic. Sarà alla testa di un’Orchestra, la Sinfonica Verdi, che lo ha incontrato giovanissimo. L’appuntamento, ovviamente, è all’Auditorium in largo Mahler, casa della Verdi.
Carriera fortunata quella di Jurowski che debuttava al Covent Garden in Nabucco, catturando l’attenzione di pubblico e critica.
Sempre nel 1996, quindi a soli ventiquattro anni, raggiungeva l’Italia per dirigere l’Orchestra del Comunale di Bologna e l’Orchestra Verdi di Milano.
L’anno dopo il suo nome compariva nel cartellone del Maggio Musicale Fiorentino.
Era poi tutto un crescendo, quanto all’Italia veniva nominato Direttore Ospite Principale a Bologna e dell’Orchestra Verdi di Milano. Di recente ha assunto le redini del Glyndebourne Festival.
Il nome di Jurowski corre spesso in abbinata a quello di musicisti russi. Per la terna dei concerti milanesi, la scelta è caduta su Šostakovic e la sua Sinfonia «Leningrado»: una partitura imbevuta di storia. Venne eseguita e radiotrasmessa infinite volte, con orgoglio russo.
Il sentimento di fierezza che Šostakovic dipinge, musicalmente, nella sua Settima Sinfonia: partitura-reportage di una Leningrado presa d’assalto dalle truppe tedesche. Correva il 1941 e la città di Pietro il Grande era accerchiata dai nazisti cui Šostakovic dava la sua risposta musicale.
«La Settima traduce l’impresa eroica di una popolazione che per novecento giorni rimase isolata dal resto del mondo, nella morsa del freddo e della fame. Ho conosciuto tanta gente che ha vissuto l’assedio e che ha preso parte alla prima esecuzione di questa Sinfonia» ci raccontò il direttore Oleg Caetani, che con la Verdi sta affrontando l’intero ciclo delle Sinfonie di Šostakovic.
Un’orchestra nata dal nulla poiché dell’originaria erano rimasti solo in sedici, gli altri erano morti di fame.

Era sorto così un complesso composto da musicisti e da soldati che durante il giorno combattevano e poi si ritrovavano la sera per provare.
È una sinfonia scritta per il popolo di Leningrado, un omaggio al coraggio di quella gente. Si dice che al momento esatto della prima esecuzione le truppe russe fecero in modo di evitare incursioni tedesche.

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