La voce del loggione non stecca mai

Le luci della ribalta tornano a illuminare il Loggione: sì, proprio quello con la «elle» maiuscola, la «galleria» scaligera, che tutto può e molto capisce.
Dopo i volantini al veleno piovuti nei giorni scorsi sulla Bohème del giovane direttore venezuelano Gustav Dudamel, peraltro accolta successivamente da calorosi applausi, ecco il nuovo libro di Valeria Pedemonte, illustrato da Giuseppe Novello.
S’intitola «I loggionisti. Ieri, oggi, domani. Carrellata di una loggionista nel mondo Des enfants du paradis», edito da Azzali.
Il viaggio è dei più affascinanti, e non solo per gli addetti ai lavori.
Sfogliando le pagine di questo libello si rivivono emozioni forti, gelosamente custodite nella memoria di una delle più acute conoscitrici di voci liriche, critica musicale per Il Giornale. Una riflessione senza peli sulla lingua, perché «difficilmente il vero loggionista si lascia comprare», ha commentato l'autrice.
Valeria Pedemonte poi aggiunge: «Il pubblico pretende carisma dai cantanti, vuole sentire qualcosa, emozioni e brividi, scendere dal palco e insinuarsi nel cuore. E oggi i veri artisti, quelli in grado di trasmettere empatia, sono sempre più difficili da trovare».
Con un pizzico di amarcord, sono lontani i tempi in cui Renata Scotto, colpevole di dichiarazioni poco gentili sul conto «della Maria» (Callas, ca va sans dire), veniva letteralmente presa a giornalate in faccia dai loggionisti inviperiti.
Mentre Renata Tebaldi, spirito poco combattivo, si rifugiava a New York al Metropolitan perché nel tempio oltreatlantico «il cantare era più facile». Erano gli anni Cinquanta e Sessanta, gli «anni d'oro» in cui proprio nel teatro milanese si riscrisse la storia del melodramma grazie anche ai cantanti che vi agivano. «Ma ormai si è perso lo spirito di un tempo - spiega la critica -. Oggi i cantanti dopo tre anni di studio si credono la Callas o Di Stefano, e spesso si bruciano nel volgere di poche stagioni», ha spiegato l’autrice del libro. E non risparmia un appunto anche ai direttori artistici e agli organizzatori, che spesso peccano di «scarsa accuratezza nella selezione dei cantanti. Si acquistano pacchetti preconfezionati - spiega Pedemonte -, quasi a scatola chiusa, mentre le voci andrebbero selezionate una a una, con cura e competenza».
Poi, naturalmente, spazio alla nostalgia, compagna naturale dei bei ricordi: «Spesso si dice che i ricordi siano pericolosi ad un certo punto della vita. E che non si possa vivere solo nutrendosi del passato. È vero - prosegue Pedemonte -, ma come sono belli e rivitalizzanti i ricordi sul loggione della Scala di un tempo! Oggi non esistono più e anche la gioventù se n’è andata».


Lo sa bene il loggionista doc di Porta Cicca (al secolo Porta Ticinese) che, sullo scorcio dell’ultimo capitolo, constata con freddo disincanto: «Non mi diverto più. Il “sangue” della Scala si è fatto acqua ed io sono stato abituato alle fibrillazioni e allo champagne».

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