Vengono da tutto il mondo, vivono e lavorano a Milano e amano la musica. Sono i coristi del «Coro Polifonico Mediolanum», che venerdì scorso si sono esibiti in un suggestivo concerto di Pasqua presso la parrocchia di SantAgostino. Dopo lesecuzione de «Le quattro stagioni» di Vivaldi dellOrchestra da Camera (tutta italiana), diretta dal maestro ecuadoregno Carlos Verduga Rivera, i coristi melting-pot si sono cimentati in un repertorio che spaziava dall«Ave Maria» di Jakob Arcadelt al «Rejoice» di Haendel e altro ancora.
Lidea di mettere insieme un coro multietnico è di Carlos Verduga Rivera, 38 anni, da cinque a Milano, che oltre a fare il direttore dorchestra e il violinista insegna spagnolo al liceo Manzoni: «Lidea di mettere in piedi un coro multietnico lavevo già avuta in passato - sostiene -. Ma soltanto a Milano sono riuscito a realizzarla come volevo. Questa è una città internazionale, dove ci sono tanti stranieri di talento. Si trattava solo di metterli insieme e tirare fuori il meglio da loro».
Lo affianca la maestra del coro Cristina Vera Diaz, 34 anni, paraguayana e soprano di fama internazionale, che allattività concertistica affianca quella didattica: «Sono tutti bravi e motivati. I russi in modo particolare hanno il canto nel Dna. Veniamo da Paesi diversi e attraverso la musica cerchiamo di far passare un messaggio di armonia. La musica è la migliore arma contro il razzismo».
Olga Tcherepanova è di San Pietroburgo. Vedova, 50 anni, da quattro a Milano, da sola ha cresciuto cinque figli: «Sono uninfermiera - racconta -. In Russia cantavo come dilettante, non potevo permettermi di studiare. A Milano mi trovo benissimo e in questo gruppo ho trovato molti amici che incontro durante le prove due volte alla settimana. Il canto è un dono di Dio».
Samson Kamau Muiruri, 27 anni, viene invece dal Kenia ed è consulente informatico: «Lavoro per unazienda a Napoli che mi manda in giro per lItalia. Mi piacerebbe fermarmi a Milano dove cè molta professionalità. Il coro multietnico è un formidabile strumento di integrazione». E di solidarietà parla anche Henry Gualoto, 37 anni, ecuadoregno, restauratore di quadri: «Abbiamo tutti problemi simili e questo ci unisce. Io ho tre bimbe in Ecuador, ma non mi posso permettere di mantenerle a Milano. Per ora mi divido tra i due mondi, in futuro si vedrà».
Inca Bredschneider di Lipsia è qui solo di passaggio. Lavora presso una famiglia alla pari, ma già in estate tornerà in Germania alluniversità: «Sono venuta per conoscere meglio lItalia. Dopo un mese ho trovato più amici che a casa». E dallUcraina arriva Artur Lischenko, 19 anni, in Italia per raccogliere i soldi e poi andare in Usa: «Vorrei studiare storia o archeologia e là ci sono già molti miei amici».
Infine, tra gli stranieri non mancano gli italiani, tra cui Rossella Fabbiani che fa parte - come tutti i coristi - dellAssociazione «Italia per Tutti e Tutti per lItalia», costituita nel 2005 per gettare un ponte tra i cittadini italiani che sentono la responsabilità dellaccoglienza dei nuovi cittadini: «Sono responsabile per le pari opportunità e organizzo le partite di calcio. Quello che più mi ha stupito è la disponibilità di queste persone che desiderano solo essere apprezzate e rispettate per quello che fanno. E il loro impegno è a dir poco notevole».
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