Pablo Picasso una volta dichiarò che «tutto ciò che si può immaginare, è reale». Ecco, Matteo Manassero, il golden boy del golf europeo, è la dimostrazione vivente che il grande artista aveva centrato una grande verità. Sin dalla tenera età, infatti, nel suo personalissimo cassetto dei sogni, il diciassettenne veronese ha riservato un posto speciale alla carriera sul green; questa carriera Matteo l'ha prima immaginata, quindi pianificata e infine realizzata. O meglio: la sta rendendo reale oggi, come dimostrano i grandi numeri: l'89esima posizione raggiunta nella Race to Dubai (con solo sei gare disputate sullo European Tour), i 255mila euro e spiccioli già intascati e, soprattutto, l'agognato conseguimento della carta daccesso per il Tour europeo. Reduce dal terzo posto di Crans, dove per quattro giorni è stato in perenne lotta tra il bene e il meglio, Matteo e il suo swing col metronomo sono in Olanda dove oggi scatta il KLM Open.
«In questi ultimi quattro mesi, da quando sono passato professionista, sento di essere cresciuto tantissimo, sia nell'esperienza, sia nella capacità di gestire la pressione. Inoltre comincio ad avere una maggior consistenza di gioco nell'arco dei quattro giorni della gara. Per quanto riguarda la mia vita: beh, viaggio molto di più, incontro più gente. Mi piace, mi diverto».
Quanto è stato difficile riuscire a conquistare la carta europea avendo solo sette tornei a disposizione?
«In una scala da zero a dieci, direi nove. Ma mi sono reso conto che vincere un torneo è ancora più complicato».
Quale è stato il commento che hai ricevuto in questi mesi che ti ha fatto più piacere e quale invece quello che ti ha più infastidito?
«Ho apprezzato il welcome to the Tour che i giocatori mi hanno riservato. Alle parole fastidiose invece non ho dato peso e infatti neanche me le ricordo».
Quali sono stati i giocatori che ultimamente ti hanno impressionato?
«Sicuramente Edoardo Molinari e Martin Kaymer: il primo per come ha centrato la Ryder e per i suoi due successi; il secondo per la freddezza con cui ha vinto un Major a soli 25 anni».
A proposito di Edoardo: avete parlato a Crans?
«Sì: ci eravamo ripromessi un giorno di avere un team leader con due italiani e ci siamo riusciti immediatamente».
Cosa cè di vero nella notizia di un Jimenez innervosito per un tuo presunto gioco lento durante il terzo giorno dell'Omega Masters in Svizzera?
«Preferisco non parlarne. È qualcosa che deve rimanere tra me e lo spagnolo».
Ora che hai la carta per il Tour, quali sono i tuoi nuovi programmi?
«Posso giocare ancora solo se ottengo un invito, ma non ho più limitazioni circa il numero dei tornei. Quindi probabilmente sarò a inizio ottobre al Dunhill Championship, per proseguire la settimana successiva al Portugal Masters, quindi a Valderrama, per poi chiudere la stagione in Asia».
E i tuoi sogni?
«A breve termine mi sento già molto appagato, mentre a lungo termine vorrei vincere un Major e guadagnarmi un posto in Ryder».
Un'ultima domanda: fingi per un momento di essere Colin Montgomerie, il capitano europeo di Ryder Cup. Quali sarebbero gli accoppiamenti che proporresti nei doppi?
«Dunque: Molinari-Molinari, quindi Mc Ilroy con Mc Dowell, Hanson con Jimenez e poi gli inglesi, Poulter-Fisher e Westwood-Donald».
Staremo a vedere!
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