Cronaca locale

«Voglio sapere perché hai ucciso mia mamma»

«La cosa peggiore? Non ricordo più il volto di mia madre. Per farlo avrei bisogno di una sua foto, di un’immagine distante da tutto quello che di terribile le è accaduto. Ho in mente solo in che stato era quando l’ho trovata: senza vita, dilaniata. Ma quella non era già più lei. Riesco a sentire distintamente ancora solo la sua voce. Che la sera prima mi dice al telefono: “Omar, ricordati, ho preparato il pranzo per te e i tuoi fratelli, vieni a prenderlo domattina“...Ecco: quella voce la sento anche la notte, quando non riesco a prendere sonno. E non posso fare a meno di chiedermi se sarebbe ancora qui se solo quel 6 giugno, la sera che è stata uccisa, anziché telefonarle, fossi andato a trovarla».
Il discorso cade, lo sguardo si sposta altrove come a cercare un appiglio che non c’è. Omar Mattavelli, 38 anni, contitolare con i fratelli Igor (35) e Alessandro (24) di una ditta di metalmeccanica a Monza, è il figlio maggiore di Rita Bestetti, la cuoca 66enne uccisa la sera del 6 giugno scorso nella sua abitazione monzese di via Pellegrini. Quando Omar ha rinvenuto il cadavere della madre, la mattina successiva, (l’avevano chiamato dalla mensa dove lei lavorava per segnalarne l’anomala assenza, ndr) la donna era morta da ore, stordita da un colpo di ferro da stiro alla testa e con la carotide recisa. «L’accanimento - sussurra lui ricordando la scena - non dimenticherò mai l’accanimento con il quale l’assassino si è avventato su mia madre».
Dagli occhi grigi profondi trapela un dolore addomesticato solo dalla ragione e dall’educazione di chi sa che la vita va avanti comunque anche dopo una tragedia. Una sofferenza, un incubo che da una settimana hanno un nome e un cognome: Daniele Pullano, 20 anni - vicino di casa e amico di Alessandro, il figlio 24enne adottivo della vittima - è accusato infatti di omicidio volontario aggravato ma ancora, rinchiuso nella sua cella del carcere di Monza, non ha confessato: dopo parziali ammissioni in fase d’interrogatorio, durante l’udienza di convalida del fermo (e dietro consiglio del suo avvocato) si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Daniele andava spesso a giocare alla play station con il figlio adottivo della Bestetti, Alessandro, l’unico rimasto a vivere con lei (Omar e Igor sono sposati, ndr). «E anche quella sera ha suonato il campanello della casa di mia madre per andare a giocare con Ale - sorride amaro Omar -. Ma si era dimenticato che mio fratello non c’era, che era fuori città per qualche giorno».
Cosa crede sia accaduto veramente quella sera tra sua madre e Pullano? Hanno litigato? E per cosa? Si è detto che la signora Rita lo volesse sgridare perché il ragazzo spacciava in zona, forse anche nel suo palazzo...
«Voglio sapere perché l’hanno uccisa. Qualcuno ha scritto che mia madre, quella sera, gli avrebbe telefonato per invitarlo a casa sua e dargli una strigliata proprio per la questione dello spaccio. Ma lo escludo, non era proprio il tipo. Quello che è successo veramente lo sapeva lei, lo sa il suo assassino. Sono convinto però che sia nato tutto casualmente, da una banalità e che la droga non c’entri. Che il ragazzo, se è lui il vero responsabile, abbia perso la testa per una manciata di secondi e solo poi si sia reso conto della gravità di quel che aveva fatto: aveva commesso un omicidio».
A quel punto...
«A quel punto avrebbe dovuto riprendersi e chiamare la polizia. Avrebbe dovuto confessare. Non farsi assalire dalla paura e scappare, peraltro dopo aver aperto il gas, rischiando (per fortuna le finestre erano aperte) di compiere una strage e, dopo aver ammazzato una donna, far fuori altre 15 famiglie. Perché è questo il rischio che ha corso».
Crede che l’assassino di sua madre abbia avuto dei complici? «Non lo so, si vedrà. L’importante sarebbe che nessuno l’avesse coperto».
Cosa vuol dire? Ha dei sospetti in questo senso?
«Sia chiaro: non lo perdonerò mai per quello che ha fatto. Tuttavia io e i miei fratelli vogliamo solo che venga fatta giustizia, non cerchiamo vendetta: se è stato lui a uccidere mia madre, deve scontare la pena che i giudici stabiliranno al processo, qualunque essa sia, noi non faremo alcuna recriminazione sugli anni. Guardi: abbiamo deciso di non prendere nemmeno un avvocato se tutto filerà liscio, non ce n’è bisogno. Per questo voglio parlare con i genitori di Pullano: voglio spiegare che noi non ci accaniremo sul ragazzo. Naturalmente sempre che non emerga che loro, sperando che la facesse franca, nel frattempo non l’hanno coperto. E soprattutto se, attraverso il loro legale, ora non tenteranno di appigliarsi a banalità, cavilli, al semplice scopo di scagionarlo a ogni costo. Se è davvero lui il colpevole, deve accettare le conseguenze del delitto che ha compiuto. Punto e basta. E poi potremo riprendere a vivere.

Tanto ormai la mamma non ce la potrà più restituire nessuno».

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