«Vogliono giudici islamici in Italia»

Giudici islamici per omicidi commessi da islamici. In Italia. È questa la richiesta provocatoria di una donna italiana, convertita all’Islam, lanciata durante Domenica 5, il programma-contenitore della domenica pomeriggio su Canale 5, dove Claudio Brachino ospitava Daniela Santanchè e Souad Sbai, deputato del Pdl da sempre in prima linea per rivendicare i diritti delle donne islamiche.
Onorevole Sbai, cosa è successo in trasmissione?
«Sono sdegnata. Questa signora italiana convertita da anni all’Islam si è presentata in tv con il velo, copertissima e applauditissima dalle colleghe che ha portata con sé in studio. Si parlava dei terribili fatti di sangue legati all’intolleranza religiosa e lei ha dichiarato con freddezza che servirebbe una corte islamica per tutti i reati che coinvolgono l’Islam».
In Italia?
«Esattamente. A pari di quello che succede in Inghilterra dove le ragazze fino alla terza generazione si trovano a essere giudicare da giudici islamici».
Come sono le sentenze?
«Permissive e maschiliste. La donna vale la metà. Quando ci sono maltrattamenti e violenze, i giudici chiamano il marito e gli consigliano solo di fare più attenzione. È una cosa aberrante. Anche nell’eredità la donna ha diritto a un quarto dei beni».
Lei è sorpresa per la richiesta di un tribunale speciale?
«No, sono molto preoccupata. Questi estremisti piano piano avanzano con le loro richieste e li invitiamo pure nelle trasmissioni. Quella donna ha fatto una precisa proposta con una freddezza e lucidità inquietante. Lo ha fatto apposta. Oggi è toccato a lei, domani lo farà qualcun altro. Diventerà un’abitudine e a molti sembrerà normale istituire corti islamiche anche in Italia».
Ma non pensa che siano solo delle provocazioni?
«No, sono degli esaltati che pensano di avere terreno fertile attorno. Ma devono vergognarsi. Non hanno capito niente dell’Islam. Non ci servono convertiti che ci vengano a insegnare la cultura arabo-islamica e come dobbiamo vestirci. Quella donna e tanti come lei sono caduti nella rete delle sette e possono rimanerci dentro a vita».
Avverte un radicamento delle posizioni estremiste islamiche qui da noi?
«Otto italiani ogni giorno diventano musulmani, si convertono soprattutto all’islam radicale, dove ci sono imam che fanno il lavaggio del cervello ai nuovi arrivati. Le donne che sposano i marocchini diventano degli zerbini, non riescono a pensare, si vestono come nel medioevo. Anche gli uomini italiani che sposano donne arabe finiscono per diventare degli estremisti».
In Italia chi gli dà spazio?
«Li asseconda la solita sinistra buonista. Povera Italia. Noi, in buona fede, parliamo di regolarizzazione, di cittadinanza, e questi vogliono creare delle corti che invece tolgono la libertà della persona. Vanno avanti con le loro richieste mentre noi arretriamo: non abbiamo neppure ottenuto l’abolizione del foulard che vediamo indossare persino alle bambine arabe».
A che punto è la proposta di abolizione del burqa?
«Sarà discussa questa settimana in commissione Affari costituzionali. Spero si eliminato perché rappresenta l'annullamento della persona».
Cosa si può fare per evitare che certe proposte estremiste trovino spazio?
«Io proporrò un disegno di legge in cui venga sancito che una corte islamica in Italia non sarà mai costituita. Non sia mai che qualcuno venga convinto da questi personaggi a mettere in cantiere una cosa così aberrante!».
Ma le corti islamiche valgono anche per gli omicidi?
«Certo. E quella donna ha detto in modo freddo che gli islamici devono essere giudicati da altri islamici. Questi esaltati avanzano. E diventeranno un problema per la società italiana».
Uno scenario inquietante.
«Molti di questi signori che farneticano anche in tv vengono cacciati dal loro paese di origine perché sono filo estremisti e alcuni filoterroristi. Arrivano in Italia e sono accolti a braccia aperte.

Qualche amministrazione locale gli offre perfino dei soldi in nome della solidarietà e delle banche li sovvenzionano. Come mai? Da dove arrivano certe ingenti somme di denaro? Io invito qualcuno a indagare su certe situazioni».

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