Ma quale strage. Piuttosto, una storia di (stra)orindaria disperazione. Quando Endrit Aliaj e Adele Consonni hanno tentato di togliersi la vita riempiendo di gas il loro appartamento in via Bordighera, a pochi passi dal Naviglio Pavese, non hanno messo in pericolo nessun altro se non loro stessi. Per questo, Endrit e Adele non devono stare in carcere, dove sono finiti martedì dopo lintervento dei carabinieri. Piuttosto, hanno bisogno di assistenza psicologica. E così, ieri, il pubblico ministero Carlo Nocerino ha disposto che i due fidanzati vengano immeditamente rimessi in libertà.
«Nei fatti - scrive il pm Nocerino - è al massimo ipotizzabile in astratto il reato di disastro colposo, per il quale è possibile larresto facoltativo in presenza di fatti oggettivamente gravi; nel caso di speice, non si ritiene di chiedere la misura cautelare del carcere, trattandosi di soggetti allincontro bisognosi di assistenza sanitaria e psicologica (e non certo di rimanere in una struttura carceraria). Secondo il magistrato, «per il reato di strage è richiesto il dolo specifico costituito dal cosiddetto fine di uccidere più persone indistintamente». E per il pm non è questo il caso.
La scelta dei militari di procedere con larresto, con ogni probabilità, è stata dettata anche dalle ferite che episodi simili hanno causato alla città. Lultima in via Lomellina, dove - nel settembre di quattro anni fa - unesplosione provocata proprio dal gas sventrò un palazzo facendo quattro vittime, tra cui un bambino di 7 anni. Ma il caso di via Bordighera, è convinta la Procura, è diverso.
«Volevano morire, non una strage» Rilasciati con tante scuse
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