La prima volta di Vonnegut. In rosa

Sono gli anni ’50, in America. Quelli della serie tv Mad Men, quelli dei capolavori cinematografici Lontano dal Paradiso di Todd Haynes e Good Night, and Good Luck di George Clooney, gli stessi di La storia di un matrimonio di Andrew Sean Greer (Adelphi), per dire di rievocazioni patinate, che hanno incontrato i gusti contemporanei. Era l’America di McCarthy, un’America razzista e omofoba, raccontano le cronache, in cui nascono le casalinghe disperate, imperversano Bing Crosby e Frank Sinatra, ma debuttano Elvis Presley, Ray Charles e Miles Davis.
Difficile immaginare un poco più che trentenne Kurt Vonnegut - proprio quello del fantascientifico Ghiaccio-nove, dei celeberrimi romanzi contro la guerra Mattatoio n. 5 e Dio la benedica, Signor Rosewater e del primo romanzo contro gli hamburger, La colazione dei campioni - intento a compilare racconti proprio per quelle casalinghe disperate. Racconti scritti perché teneva famiglia - e numerosa: tre figli suoi e tre della sorella, rimasti orfani di entrambi i genitori - e le riviste per signore come Collier’s, Cosmopolitan e il Saturday Evening Post pagavano bene. Ecco perché Baci da 100 dollari (ISBN, pagg. 256, euro 17,50, con l’illustrazioni di Kurt Vonnegut) che di questi racconti, tutti apparsi postumi anche negli Usa all’inizio di quest’anno, ne raccoglie ben 16, è doppiamente inedito. Non solo ci svela i trascorsi da alto bozzettista di costume di una delle più importanti «voci morali» degli Stati Uniti, come spiega Dave Eggers nella illuminante prefazione: «Guardate quante volte queste storie riguardano la ricerca dell’idea anni cinquanta del successo: soldi facili, una limousine, buoni dividendi; Vonnegut, che lavorava come pubblicitario, stava anche lui faticando per superare i problemi economici». Ma scioglie ogni dubbio su come Vonnegut abbia appreso ad assimilare i toni bassi e alti in uno stile magmatico e cupo e paradossale eppure realistico quant’altri mai. Lo stesso Vonnegut intriso della visione dei corpi carbonizzati dai bombardamenti e stordito dalla tensione di descrivere la fine del mondo, aveva assorbito lo sguardo color pastello da boom economico di quelle casalinghe americane, e dei colletti bianchi, delle centraliniste, degli studenti da jukebox, degli alcolizzati figli di alcolizzati.

E del favoloso «Bomar» di uno dei racconti più belli, che fino all’ultima riga forse esiste o forse no: «È a Monte Carlo adesso. È andato in aereo. Ha una nuova fidanzata, Fifi. L’ha incontrata mentre giocava a roulette. Dice che ha perso 5mila dollari perché la guardava invece di concentrarsi sul gioco».

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