da Roma
È stato uno degli architetti di questa Europa, allargata e senza barriere. UnEuropa che ora arranca, sempre più in crisi. E che proprio lui, Romano Prodi, con un repentino voltafaccia, ora rinnega e mette sotto accusa. Il caso Enel ha risvegliato lorgoglio nazionale e con le elezioni alle porte per il Professore lItalia acquista improvvisamente unaltra importanza. E allora basta con le «asimmetrie». Se Parigi non apre le porte del mercato, sostiene Prodi, Roma deve bloccare le acquisizioni francesi in Italia. Bene quindi, dice, il decreto che Giulio Tremonti sta mettendo a punto: «Vedremo concretamente le misure, ma lobbiettivo dichiarato è giusto». Insomma, insiste il Professore, «siccome anche noi abbiamo il freezer, tutto si può ricongelare», a cominciare dalloperazione Bnp-Paribas-Bnl per finire con le quote di Edf in Edison. E non si tratta «di ritorsioni», ma di strumenti che ci consentono di «combattere ad armi pari: se non possiamo competere in un settore in Francia, non vedo perché la Francia possa comprare da noi».
Certo, prosegue il leader dellUnione, «io mi rendo conto che le misure amministrative contano fino a un certo punto», perché bisogna «attrezzare una strategia-Paese», però «non possiamo essere considerati solo un oggetto dacquisto». Insomma: «Una politica di rinazionalizzazione sarebbe disastrosa per leconomia del Continente, ma non possiamo poi essere sempre lanello debole della catena. Il governo deve capirlo». Difficile sperare in un intervento risolutivo dellUe. Il problema, spiega ancora Prodi, «è che noi abbiamo adottato una legge sullOpa molto liberale e aperta, in attesa dellOpa europea». Poi però «i parlamentari della maggioranza hanno votato contro la legge europea per cui adesso gli stranieri possono venire in Italia e a noi è impedito uscire».
In attesa della «reciprocità», qualcosa secondo Prodi si può fare. Come la fusione tra Enel ed Eni? «Certamente - risponde - lesigenza di rafforzare le imprese nazionali è diventata urgente in questa situazione».
Se il Professore dunque sembra quasi apprezzare le mosse del governo, altri leader del centrosinistra la pensano diversamente. Come Massimo DAlema: «Raccogliamo quello che ha seminato Berlusconi. Ora avremmo bisogno di unEuropa forte, ma il suo esecutivo è tra quelli che hanno contribuito a renderla debole. Per quanto ci riguarda, nella prossima legislatura rivedremo la legge sullOpa». O come Francesco Rutelli: «Il governo non ha una strategia industriale e ci sta mettendo in una difficoltà nera. La politica delle pacche sulle spalle non basta». Più soft Pietro Fassino: «È fondamentale che le imprese italiane non siano solo prede ma predatrici. Evitiamo guerre, ma Parigi ha sbagliato. Una procedura di infrazione Ue contro la Francia? Può essere la strada giusta».
Rocco Buttiglione (Udc) «non nega responsabilità dellItalia, visto che nella coalizione era presente una forza antieuropeista». E mentre Gianni Alemanno (An) ipotizza uno stop ai grandi gruppi commerciali francesi, Roberto Maroni (Lega) annuncia che al Consiglio dei ministri di venerdì proporrà «misure in difesa dei nostri prodotti».
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