«A volte rimpiango An e pure l’Msi Di Pietro? Ormai un tribuno rosso»

«Com’è andata? È andata così come doveva andare». Romano La Russa, ex eurodeputato, poi assessore al Pirellone e oggi candidato («ma non nel listino, io sono trent’anni che faccio campagna elettorale a caccia di preferenze»), tira il suo bel sospirone di sollievo.
Onorevole La Russa, era proprio sicuro?
«Fiducioso, ma non sicuro».
Con le liste l’avevate combinata grossa.
«Piano. Ero sicuro che noi eravamo in regola. Molto meno sicuro della magistratura».
Sempre dei giudici?
«Con questi giochini e sotterfugi non si sa mai».
Le liste erano irregolari.
«Timbri quadrati o timbri tondi. Era questo un buon motivo per impedire ai lombardi di votare? O magari scrivere Mariano C.se anziché Mariano Comense tutto intero?».
A sinistra erano regolari.
«Non è vero. Quando abbiamo potuto controllare, ne abbiamo trovate 900 irregolari. Al posto di Cesano Maderno c’era C. M.. Ma i giudici quelle non le hanno viste».
Poi è arrivato il decreto.
«Nessun decreto. Il Tar ci ha dato ragione senza bisogno del decreto. Impedendo un furto, una vergogna».
Se c’è un furto, ci sono dei ladri.
«Be’, la sinistra ha pensato che l’unico modo di vincere fosse correre da sola. Ma gli è andata male».
Il candidato Penati come si è comportato?
«È come la temperatura di Bolzano, non pervenuto».
E voi brindate già. Non è un po’ presto?
«Non è un bene. Fare una campagna elettorale da soli è più difficile. E non fa bene alla democrazia».
Perché dice che la sinistra non c’è?
«Non hanno idee, non hanno programmi. Nessuna alternativa alla politica del fare del nostro governo e di 15 anni di Formigoni in Regione».
Se la fa e se la canta.
«Cantano le immondizie sparite da Napoli, l’Abruzzo ricostruito, la lotta alla mafia. E in Lombardia la migliore impresa, la miglior sanità, la scuola migliore. Gli aiuti ai disoccupati e alle famiglie».
Però non sapete compilare gli elenchi.
«C’è stata disorganizzazione, un po’ di superficialità».
Lei ha detto che rimpiange An. E addirittura il Msi.
«C’era un’idea diversa di militanza. Una diversa voglia di far politica. Era più difficile trovare le firme, ma al Msi queste cose non succedevano».
Ora si dice che la fusione tra An e Fi non è riuscita.
«C’è qualche problema. Inevitabile per un partito del 40 per cento. Ma sono i nostri elettori che ci vogliono uniti».
Litigate spesso.
«Magari a livello locale. Ma sono solo scontri personali. I valori sono gli stessi».
Anche sui valori, tra Fini e Berlusconi...
«Magari quando si tratta di temi etici, come il diritto alla vita. Ma lì entra in gioco la coscienza personale. E, con tutto il rispetto per le caserme, il Pdl non è una caserma».
Anche sull’immigrazione.
«Basta con la balla che l’extracomunitario è sempre e comunque una risorsa. Gli irregolari che vengono a delinquere e vogliono imporci i loro valori e la loro religione sono un problema, altro che risorsa».
Il cardinal Tettamanzi predica l’accoglienza.
«Lui è un pastore di anime, lo Stato ha il dovere di far rispettare la legge».
Di Di Pietro cosa pensa?
«Tutto il bene e tutto il male. Noi del Msi abbiamo tifato per la sua battaglia di moralizzazione. Poi ci siamo accorti che verso sinistra aveva gli occhi bendati. Oggi è un tribuno dell’estrema sinistra».
Il presidente Napolitano ha firmato il decreto.


«Non l’ho mai particolarmente amato e oggi non ne farei un eroe. Ha semplicemente fatto il suo dovere. Ma con intelligenza e correttezza».
La sinistra scenderà in piazza contro quel decreto.
«Roba vecchia, dell’altro secolo. Abbaiano alla luna».

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