La pellicola «Sbirri» inizia e si conclude con una metafora virginale. Un tram a Milano sotto una nevicata e ragazzi che si «fanno» a palle di neve. Ma laltra faccia della pioggia bianca ha un nome nero come gli occhi di un teschio: droga, la chiara illusione che diventa subito fango non solo sotto il Duomo. «Sbirri» è stato voluto dal progetto «Agite» di Donata Berger e Barbara Bianchi Bonomi, in nome di un fine: «Fatevi una vita non stupefacente» ed è destinato alle scuole medie inferiori e superiori. E stato presentato ieri a palazzo Cusani, sede del circolo del presidio dellEsercito milanese, davanti ad autorità come il questore Alessandro Marangoni, il professor Luca Bernardo, il generale Camillo de Mileto, ospite di casa.
Abbellito dal volto di Raoul Bova, nei panni di un giornalista che perde un figlio per un solo «sniffo» e inizia uninchiesta, il film è composto da scene assolutamente reali. Gli interpreti sono i volti dei ragazzi della Sesta sezione della Squadra Mobile, diretta da Patrizia Peroni, gli «sbirri» che, confondendosi tra le strade giornaliere, sono riusciti a sventare un traffico di centinaia di chili di cocaina. Non hanno nome, si celano nel gruppo e al minimo gesto di scambio procedono allarresto. Scene di vita quotidiana diventano tragedie di morte giornaliera.
«Verrà proiettato nei vari istituti milanesi, per aprire un dibattitto che porti gli studenti a comprendere gli aspetti più sconosciuti delle droghe» ha detto Barbara Bianchi Bonomi, presidente della Commissione educazione del Comune di Milano. Prodotto dalla San Marco, «Sbirri» è stato voluto dalla moglie di Bova, dopo aver visto il documentario «Cocaina», prima opera di «Agite».
«Siamo madri consapevoli che questa disgrazia debba essere sconfitta interagendo con tutte le forze positive della società» ha esortato Donata Berger alla fine dellacceso dibattito, in margine al film. Demiurgo della serata è stato Angelo, uno degli agenti della Sesta. «E la rabbia che mi muove. Guadagno mille e quattrocento euro al mese. Ho perduto i genitori da bambino e so cosè il dolore. Quando vedo i giovani che cercano di fuggirlo con una pasticca, sono preso da una rabbia senza limiti».
Molti ragazzi in sala hanno seguito una storia che scende nel lato oscuro della verità: drogarsi non significa stare bene con gli altri, ma diventare vecchi, brutti, cadaveri senza pensiero. «Ho lavorato a Verona negli anni in cui leroina imperversava. Ho visto cose inenarrabili» ha raccontato il Questore, parlando della città che un tempo fu definita la Bangkok dItalia.
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