La Guida suprema dellIran, Ali Khamenei, è tornato a tuonare contro gli oppositori. Alzando il tiro con minacce velate, ma senza precedenti, ai pezzi grossi della politica iraniana. I riformisti, poche ore prima, hanno chiesto un referendum sulla legittimità del governo di Mahmoud Ahmadinejad. Il presidente rieletto nelle contestate elezioni del 12 giugno, che hanno provocato grandi manifestazioni di piazza con decine di morti e centinaia di arresti. Ed i blogger dellopposizione si stanno mobilitando per far accendere in contemporanea tutti gli elettrodomestici di casa alle 21 di stasera. Lobiettivo è provocare un blackout in segno di protesta.
«Ledere la sicurezza del Paese è un peccato grave» ha affermato Khamenei, durante un discorso trasmesso ieri dalla tv di Stato. «Le élite (politiche) devono sapere che qualsiasi discorso, azione o analisi che aiuta (il nemico) è una mossa contro la nazione. Ci sono cose che non vanno dette. Un fallimento nel fronteggiare questa sfida porterebbe al loro crollo» ha spiegato la Guida suprema parlando ad un gruppo di alti funzionari iraniani. «Se la nazione sente che nelle dichiarazioni fatte da certe autorità vi è un segno di ostilità verso il sistema islamico e certe mani sono al lavoro per aiutare un movimento che cerca di portare un colpo allestablishment, il Paese stesso ne prenderà le distanze», ha aggiunto la Guida suprema. Pur non citandoli mai per nome Khamenei sì è scagliato contro personaggi come layatollah Akbar Hashemi Rafsanjani.
Lex presidente iraniano, soprannominato lo squalo per la sua spregiudicatezza in politica, ha tenuto venerdì scorso un sermone che allarga il solco della frattura nel sistema di potere iraniano. Le sue parole hanno infiammato la gente, che è tornata a scontrarsi con le forze di sicurezza. Poche ore prima delle minacce di Khamenei gli oppositori hanno proposto un referendum sulla legittimità del governo e del capo dello stato. «Lunica soluzione per uscire da questa situazione è un referendum» si legge sul sito dellex presidente riformista Mohammed Khatami. Non sono chiari i quesiti, che dovrebbero essere sottoposti ai votanti. Però nella nota dell'Associazione dei religiosi combattenti, che ha lanciato lidea del referendum, si legge che «milioni di iraniani hanno perso la fiducia nel processo elettorale».
Anche Mir-Hossein Moussavi, il candidato alla presidenza che aveva denunciato gravi brogli elettorali, provocando le proteste di piazza represse nel sangue, si è scagliato ieri contro il regime. «Lasciate che il popolo esprima liberamente le sue idee - ha chiesto Moussavi -. Non è un insulto per 40 milioni di votanti, mettere in relazione gli arrestati con le potenze straniere?». Khamenei ed i suoi fedelissimi hanno accusato ripetutamente gli oppositori di essere al soldo dei «nemici» come gli Stati Uniti e lInghilterra. Moussavi ha chiesto la liberazione immediata degli arrestati durante le manifestazioni e denunciato che lIran si sta trasformando «in uno stato di polizia». Il capopopolo ha aggiunto che «i nostri cari in prigione non hanno possibilità di contattare i loro avvocati e subiscono le pressioni dei carcerieri affinché confessino».
Ahmadinejad in queste settimane ha scelto il basso profilo, ma ieri è finito sotto il tiro dei suoi alleati in parlamento.
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