Il Wall Street Journal si schiera con Ratzinger

Il Wall Street Journal bacchetta il New York Times per come ha trattato lo scandalo della pedofilia del clero, e difende l’azione di Benedetto XVI. Intanto dalla Norvegia arriva la notizia di un abuso su un minore perpetrato da un prete poi diventato vescovo e prontamente dimesso dalla Santa sede non appena il fatto venne alla luce.
Mentre ormai ogni giorno dagli archivi emergono casi sconosciuti, prontamente rilanciati, una critica severa viene rivolta al quotidiano newyorkese che ricostruendo nelle scorse settimane il caso di padre Lawrence Murphy, prete colpevole di nefandi abusi su bambini e ragazzi sordomuti, ha cercato di coinvolgere l’allora cardinale Ratzinger. Lo scrive sul Wall Street Journal l’editorialista William McGurn, iniziando il suo articolo con queste parole: «A differenza del papato romano, in alcuni circoli il New York Times ancora gode della presunzione di autorevolezza». Per questo, prosegue McGurn, quando si legge che Murphy sarebbe rimasto impunito e che l’allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger si sarebbe voltato dall’altra parte lasciando correre, la gente gli dà credito. Ma il New York Times, continua l’editorialista, si è dimenticato di scrivere che l’avvocato che ha passato i documenti sul caso, Anderson, non solo è quello più specializzato nei processi contro la Chiesa ma è lo stesso che «sta cercando di far causa al Vaticano in una corte federale». L’editorialista del Wall Street Journal, contesta inoltre la mancata citazione di altri documenti dai quali si evince come i vescovi americani coinvolti a vario titolo nel caso Murphy abbiano più volte stabilito che il sacerdote non dovesse celebrare in pubblico, né avere alcun contatto con minori, né operare in programmi educativi parrocchiali. Un’omissione indicativa.
McGurn ricostruisce gli altri passaggi del caso Murphy, da quando cioè la sua vicenda venne segnalata all’ex Sant’Uffizio guidato da Ratzinger, nel 1996, mostrando come sia del tutto improprio presentare l’attuale pontefice e i suoi collaboratori alla Congregazione come persone che hanno lasciato correre, voltandosi dall’altra parte, tanto più che allo stesso padre Murphy erano già state tolte le facoltà ministeriali. Il sacerdote venne sottoposto a processo canonico, ma non si arrivò alla dimissione dallo stato clericale perché egli era già gravemente malato e sarebbe morto quattro mesi dopo la riunione tenutasi in Vaticano sul suo caso.
Il Wall Street Journal scrive che «qualche anno più tardi, quando la Congregazione per la Dottrina della fede assunse autorità su tutti i casi di abusi, il cardinale Ratzinger mise in atto cambiamenti che permisero un’azione amministrativa diretta invece di processi che spesso prendevano anni. Circa il 60 per cento dei casi di preti accusati di abusi sessuali furono trattati in questo modo. L’uomo che è ora Papa riaprì casi che erano stati chiusi; fece più di chiunque altro per processare casi e per rendere responsabili i preti che abusarono; e divenne il primo Papa a incontrare le vittime». McGurn conclude auspicando un po’ più di scetticismo giornalistico «sui racconti di un avvocato d’assalto che fa milioni con le sue cause».
Si concentrano invece sul caso del fondatore dei Legionari di Cristo il settimanale tedesco Stern e lo statunitense National Catholic Reporter che insistono sulle protezioni delle quali godeva padre Marcial Maciel presso la curia romana all’epoca di Giovanni Paolo II. Maciel accusato da alcuni ex seminaristi di abusi sessuali, sarebbe stato in grado di bloccare «per anni tutte le inchieste» interne in quanto «era uno dei più efficienti raccoglitori di donazioni della Chiesa cattolica», sostenuto dai cardinali Sodano e Martinez Somalo, oltre che dal segretario di Papa Wojtyla, Stanislao Dziwisiz. Sarà Papa Ratzinger a stabilire finalmente la verità facendolo isolare.
Dalla Norvegia infine riemerge il caso del vescovo prelato emerito della prelatura territoriale di Trondheim, Georg Müller, dimessosi ufficialmente perché inadatto all’incarico nel maggio 2009. Ieri sono emersi i veri retroscena di quelle dimissioni forzate: il vescovo, di origini tedesche, ha infatti ammesso di aver lasciato l’incarico per avere abusato, quando era prete, oltre vent’anni fa, di un ragazzo del coro di una chiesa di Trondheim. La vittima, oggi trentenne, è stata risarcita, come informa il quotidiano Adresseavisen, che ha portato alla luce la storia.
Sul caso è prontamente intervenuto il direttore della Sala stampa della Santa sede, padre Federico Lombardi: «La questione fu affrontata ed esaminata con rapidità tramite la nunziatura di Stoccolma, per mandato della Congregazione per la Dottrina della fede.

Nel maggio del 2009 il vescovo presentò le dimissioni, che vennero tempestivamente accettate dal Papa, e in giugno lasciò la prelatura territoriale. Si sottopose a un periodo di terapia e non svolge più attività pastorale. Dal punto di vista delle leggi civili il caso era prescritto. La vittima, oggi maggiorenne, ha finora chiesto di rimanere anonima».

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