Una soave picconata dallUmbria et voilà, Veltroni ha infranto lennesimo tabù della sinistra italiana. Bisogna rivalutare la presidenza di Lyndon Johnson, dice, perché «al di là di tutto» anche lui (come Roosevelt, al cui New Deal collaborò, e Clinton) «ha condotto unazione di governo per leconomia e dei diritti che andrebbe riletta».
Certo si tratta di un tabù molto di nicchia, perché sono in pochi sotto i 55 anni a ricordarsi quanto fosse vituperato dalla generazione attorno al 68 il «guerrafondaio» Lyndon B. Johnson, il presidente dell«incidente del Tonchino» e delle truppe in Vietnam. E non molti di più hanno visto il polpettone «JFK» di Oliver Stone, secondo la cui tesi complottista dietro lassassinio del presidente di Camelot cera lui, il suo perfido vice e successore, ostaggio delle lobby petrolifere. E però la riabilitazione di LBJ è un nuovo tassello delloperazione veltroniana di scomposizione e ricomposizione dellimmaginario della sinistra italiana.
Poche settimane fa proprio Hillary Clinton ha ricordato al sognatore Obama che «il dream di Martin Luther King cominciò a realizzarsi quando LBJ firmò il Civil rights act del 64: ci volle un presidente per farlo avverare».
Bravo Veltroni. A quando, però, la riabilitazione di Reagan?
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