Webcam sulla moglie per coglierla sul fatto? Non un'ottima idea, pare. Almeno per un marito in fase di separazione dalla consorte che non solo non ha rimediato i risultati molto probabilmente sperati ma si è anche visto condannare, ieri in primo grado in tribunale a Lodi, a quattro mesi di reclusione, pena sospesa, oltre al pagamento di seimila euro. Per interferenze illecite nella vita privata. Siamo a San Giuliano Milanese. Tutto inizia il 18 agosto 2004. La donna, V.C., 37 anni, scopre una webcam collegata a tanto di computer nel suo ufficio. L'apparecchio è stato collocato su uno scaffale alle spalle della sua scrivania sulla quale ogni giorno lavora e dove, a volte, entrano anche amici e clienti. Ha un buon raggio d'azione l'occhio elettronico. In più, si attiva quando rileva un minimo movimento riuscendo a realizzare filmati di 23 secondi. Un bijou direbbero i tecnici di settore. Immediata, alla scoperta del software installato, parte la denuncia della moglie contro il consorte, M.B. 49enne. Ma lui tenta di difendersi con tutte le sue forze. Fa sostenere dal suo avvocato, Giovanni Capelli del foro di Piacenza, che la donna sarebbe stata a conoscenza della presenza della telecamera, «installata da almeno un anno».
E davanti al giudice Angela Scalise e al pm Arturo Jacovacci definisce l'apparecchio come «più adatto a finalità antifurto che a indagini matrimoniali». Ma niente da fare. Ieri il giudice Scalise è stato fermo nel pronunciare la sentenza avallando la tesi della donna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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