Wimbledon, via il campo maledetto

Il funesto campo 2, che ha giocato brutti scherzi ai campioni, cambia numero. Poi verrà eliminato. Qui cadde Sampras contro un certo basil dopo aver vinto 7 volte il torneo. Connors perse e disse: "Cambiate quell'erbaccia con il cemento"

Wimbledon, via il campo maledetto

nostro inviato a Wimbledon

Pete Sampras era rimasto solo, seduto a bordo campo sulla seggiolina minimal che qui a Wimbledon non ha mai fatto differenza di sederi, solo e triste con il pubblico che sfollava scuotendo la testa. Lui, Pete, pensava che non poteva essere possibile, che non erano bastate sette vittorie in otto anni per non subire un'onta del genere, soprattutto per lui. E lo sgarbo non era tanto l'essere stato battuto da Bastl, uno svizzero numero 145 del mondo, così lontano insomma da Sua Maestà, ed era solo il 2002 e la Svizzera di Federer doveva ancora arrivare. La vergogna totale fu in realtà che Pete Sampras, il re del centrale, fu costretto a giocare sul campo numero 2. Già, il cimitero dei campioni.
Chi non è mai stato a Church Road non può capire cosa vuol dire per un tennista stare in mezzo al traffico e restare concentrato. Il campo numero 2 è sempre stato quello un po' troppo vicino: vicino alla grande gradinata che indirizza il continuo viavai, vicino alla terrazza col ristorante per i vip che mangiano e chiacchierano sopra la testa di chi gioca, vicino ai corridoi umani che si formano nei giorni di ressa - ovvero durante tutto il torneo - dove applausi, scatti fotografici, rumorose masticazioni e, nell'era moderna, trilli di telefonini, si mischiano al rintrono delle palline. E per forza poi uno finisce per essere rintronato.
Insomma: nel corso degli anni ci hanno lasciato le penne un po' tutti, gente tipo McEnroe, Becker, Agassi, Serena Williams, Martina Hingis e ancor prima Virginia Wade. È il paradiso per il fortunato di turno, l'anticamera dell'inferno per il favorito che in un pomeriggio butta via tutto il torneo. In pratica il camposanto della grandi aspettative, un cimitero vero e proprio, tanto che Jimmy Connors - anche lui cliente delle pompe funebri Campo 2 - nel 1983 ne uscì talmente infuriato da chiedere agli organizzatori un cambio radicale, ma di tutta Wimbledon: «Basta con questa schifezza, cambiate quell'erbaccia col cemento». Come dire a un Lord inglese che assomiglia a un americano del New Jersey.
Perché il problema pare sia questo: non solo il carnevale che ci gira intorno, ma pure la qualità del campo, che lì, vicino all'uscita del Wimbledon Park, trasforma l'erba in un campo di patate dopo pochi scambi. Un problema irrisolvibile che ha portato gli austeri titolari del tennis club a prendere la ferale decisione: quel cimitero deve morire.
E così è stato: sotto la spinta della rivolta dei giocatori, adesso entri a Wimbledon e improvvisamente non lo trovi più al suo posto. La targa con la scritta "campo 2" è infatti stata sfrattata al rinnovato e abolito (guardacaso) numero 13, giusto per essere sicuri di cacciare bene la sfiga. Mentre il Campo 2 è diventato "campo 3", stesso prato, stesso caos, ma chissà perché ora i giocatori sono convinti che non c'è più niente da temere. Anche perché nel 2010 cambierà completamente faccia.
Nell'attesa però - non diteglielo, per carità - il Campo 2, quello vero con il finto numero 3, sembra sempre il solito, basta vedere l'addetto all'ingresso con una faccia da funerale d'ordinanza. Dentro, lo stesso spettacolo di sempre: tribune piene, il campo che comincia a spelacchiarsi, qualche buchetta qua e là che le palline cercano inutilmente di evitare. Solo che adesso la signora col cappellino assurdo vicino alla giovane scosciata si esalta per un incontro tra Robredo e Sela. Non è la morte del tennis, però...
Per evitare altre vittime infatti il calendario è stato costruito ad arte, e il campo degradato sul campo diventa terreno per incontri di medio cabotaggio. In pratica di campioni da queste parti non se ne vedono più ma il cimitero resta, perché come in ogni film horror che si rispetti, alla fine qualcuno ci lascia le penne. Ieri ad esempio ci ha perso Gisela Dulko, la pin up argentina reduce dalla vittoria sulla Sharapova che gli spettatori di Wimbledon avrebbero pagato di tasca loro per avere come nuova regina. Campionessa insomma ancora no, ma favorita a questo punto lo era.

Gisela invece è uscita a testa bassa con il borsone sulle spalle e nonostante sulla targa ci fosse quel numero in più, qualcuno sostiene che avesse la faccia di una che aveva visto un fantasma.
E non era quello di chi l'aveva battuta. Sembrava quello di Sampras.

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