La Winfrey e Letterman? Due mostri sacri che a noi non servono

Il talk show di Oprah su La7d si aggiunge a quello di David (SkyUno). Vanno di moda, graffiano e divertono: ma in Italia restano di nicchia

La Winfrey e Letterman? Due mostri sacri che a noi non servono

Lui si è sempre guardato bene dall’andare da lei. In compenso l’ha sommersa di invitata. Ha insistito mortalmente per averla. E un paio di volte l’ha persino spuntata, nei favolosi anni Ottanta. Però, nella bocca del leone lei ha sempre evitato di cacciarsi a corpo morto. Si è concessa sì, ma con cautela. Anche perché, quel paio di volte di tanto tempo fa le sono bastate. Aveva descritto le interviste del suo ospite «difficili» ed era convinta di aver colto una specie di «missione» da parte del padrone di casa e degli organizzatori, «per fare battute sul suo conto, ad ogni costo». Così, nel 1996 quando David Letterman registrava il suo show eccezionalmente da Chicago, l’invitò per l’ennesima volta, Oprah Winfrey declinò l’offerta spiegando di essere, purtroppo, fuori città. In realtà, in quei giorni, da Chicago, registrò la sua ospitata in un altro programma. Letterman iniziò allora una rubrica tormentone che aveva come oggetto Oprah e la sua mancata partecipazione. Portò avanti la boutade per ottantadue giorni, poi si stufò persino lui e la chiuse in qualche modo. A parte ciò, a distanza e pubblicamente, hanno sempre parlato bene l’uno dell’altra. Ma è sempre stata la distanza la condizione necessaria ad oliare i loro formali, delicatissimi rapporti. Perché hanno lo stesso odore, loro due. Lei figlia di una ragazza madre del Mississippi, lui figlio di un fiorista e di una segretaria di origini tedesche, divenuti opinion maker a colpi di graffi e volontà dentro al piccolo schermo Usa.

Hanno lo stesso odore perché una va in onda al mattino, in un studio luminoso con la ricetta del pollo alla caccia e la star di turno, mentre lui entra in scena di notte, con uno sfondo cupo e il suo cinismo cattivo. Ma sono la stessa cosa, in realtà. Hanno lo stesso odore perché davanti a loro si va nudi. Ansiosi di regalare qualcosa che non si è mai offerto ad altri, come alla prima notte di nozze di qualche secolo fa. Generosi delle proprie debolezze, in pace con le proprie miserie, in armonia con i propri misteri. Disposti a farsi pubblicamente fustigare. Non si sa se per empatia o per terrore. Accettare l’invito nel loro salotto tv è come accettare l’invito nel letto di un uomo spregiudicato: se dici di sì, devi essere pronta a tutto, altrimenti te ne stai a casa tua. Un Tom Cruise fanciullescamente, demenzialmente innamorato, una Gwyneth Paltrow ossessionata dal cibo, un Roberto Benigni incontenibile in versione folletto, una Drew Barrymore con seno a vista, una rissosa Madonna al turpiloquio...
In America, se arriva la cartolina si parte. Al David Letterman show e all’Oprah Winfrey show ci si va come in guerra: terrorizzati e speranzosi di portare a casa la pelle. Però ci si va. Oggi che i due mostri sacri sono sbarcati in Italia (Letterman, sottotitolato, prima su RaiSat, ora su SkyUno dal martedì al sabato alle 23, lei doppiata su La7d dallo scorso 7 giugno alle 18 dal lunedì al venerdì), capiamo bene perché a casa nostra, malgrado le candidature e le autocandidature, non potranno mai esistere un David o un’Oprah: perché non abbiamo star da spolpare. Potremmo anche partire con un Benigni o con un Fiorello come ospiti, ma nel giro di tre puntate ci ritroveremmo già a Ramona Badescu. E poi gli artigli: in Italia non usano gli scontri aperti. Magari ci si insulta ma non ci si scava e non ci si lascia scavare seduti uno di fronte all’altro.

Ci piace vedere come sa essere la tv americana come ci piace vedere gli eroici pompieri Usa alle prese con le macerie, o le elezioni presidenziali con gli scontri tra candidati: bravi, ma non sono noi. Non a caso, qui da noi, due tra gli show più famosi al mondo vanno in onda su tv di nicchia con ascolti di nicchia. Sottotitolati o doppiati (che è ancora peggio, perché il doppiaggio azzera le voci vere, il modo di ridere vero e tutte le altre cose che vorresti vedere senza filtri, tutte le cose per cui in America vanno forte). Perché così li guardiamo senza che davvero ci arrivino. Perché saranno belli, sì, ma non sono noi. La realtà è che in Italia sappiamo guardare David e Oprah solo con una parte di noi. Quella che meno ci somiglia.

Per noi è un po’ come per Farrah Fawcett in quella incauta, faticosissima puntata del David Letterman show. Quella in cui l’attrice rimase stonata dall’inizio alla fine dello «scontro», quando il conduttore la congedò con un «grazie per essere stata quasi qui».

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