Wome dal rigore al terrore: «Quelli volevano ammazzarmi»

«Nessuno voleva calciare il penalty». Tegola: Stankovic fuori due mesi

Wome dal rigore al terrore: «Quelli volevano ammazzarmi»

nostro inviato ad Appiano Gentile
«I’m alive, mi sento un sopravvissuto», le prime parole di Pierre Wome al momento di varcare il cancello della Pinetina dopo aver rischiato la vita in Camerun per un rigore sbagliato. Il giocatore interista, uno che si fa sempre il segno della croce quando è costretto a prendere l’aereo, questa volta può davvero segnarsi col gomito perchè allo stadio Ahidjo di Yaounde se l’è vista davvero brutta. «Quelli volevano ammazzarmi», ha confessato e “quelli” erano le centinaia di tifosi inferociti che l’hanno ritenuto responsabile della mancata qualificazione per la quinta volta consecutiva del Camerun alle finali mondiali e che hanno devastato la sua abitazione, il negozio della moglie e della sorella, distrutto l’auto e provocato danni anche in altre case dove si riteneva Wome potesse nascondersi.
Non siamo ancora alla drammatica fine del colombiano Escobar ucciso con 12 colpi di mitraglia da un tifoso per un autogol decisivo contro gli Stati Uniti a Usa ’94, ma Wome ci è arrivato molto vicino e se non fosse fuggito subito dal Camerun, la tragedia avrebbe potuto compiersi da un momento all’altro. Aggiungiamoci pure l’impossibilità per il giocatore di tornarsene per chissà quanto tempo in Camerun e la frittata è fatta. «Sono rientrato per la mia sicurezza, ma è stata davvero una tragedia», afferma Wome. «Il calcio in Camerun è una cosa troppo importante. Se va bene, è tutto straordinario; se va male... può succedere di tutto. Il fatto è che hanno distrutto anche macchine o case che pensavano fossero mie e che invece non lo erano». Ma la paura gli è rimasta e glielo si legge negli occhi. «La mia vita è stata in pericolo, anche se non ho avuto paura di morire perchè di carattere sono un tosto. Ho avuto paura per i miei familiari che sono in Camerun. Io ero in un posto dove non si poteva nè entrare nè uscire, circondato dalla polizia. I miei parenti invece hanno passato brutti momenti e ora vivono sotto scorta».
Ed è su quel maledetto rigore sbagliato al minuto 95 che Wome vuole soffermarsi e anche sul comportamento e sulle dichiarazioni successive di Eto’o. «Sono rimasto malissimo per quanto detto da Eto’o, che ha scaricato tutte le colpe su di me», afferma il difensore nerazzurro. «Ho provato a chiamarlo, gli ho lasciato un messaggio chiedendogli spiegazioni, ma non s’è fatto sentire. Speravo che lui smentisse le cose false riportate, non l’ha fatto e ora aspetto di incontrarlo per dirgli quello che penso di lui. Il fatto è che nessuno, nè Eto’o nè il nostro capitano, volevano battere quel rigore, perchè sapevano cosa poteva succedere in caso di errore. Qualche mio compagno s’era addirittura tolto la maglietta pensando che la partita fosse finita. Io ho sempre avuto gli attributi e sono andato sul dischetto, anche perchè sono uno dei rigoristi, dopo aver attraversato tutto il campo».
Wome si ferma, gli occhi gli luccicano, si inumidiscono e la mente corre a quei drammatici momenti. «Sapevo quello a cui andavo incontro, d’altronde avevo calciato anche il rigore decisivo nella finale olimpica di Sydney nel 2000, avevo fatto gol, eravamo campioni e in patria mi consideravano un eroe. Sabato scorso invece contro l’Egitto, il mondo mi è crollato addosso, sono subito andato dalla polizia per far tutelare i miei familiari, venendone rassicurato. Poi mi hanno fatto partire e ora non so proprio se tornerò a giocare con il Camerun. Ho visto tante altre situazioni simili, se non peggiori. Dove? Sempre in Camerun, ecco perchè il mio unico pensiero ora è di concentrarmi sull’Inter. E voglio anche ringraziare i miei compagni e in particolare Massimo Moratti: la vita continua - mi ha detto - e bisogna saper reagire. Comunque, se potessi, ricalcerei ancora quel rigore e se mi capitasse nell’Inter, non mi tirerei certo indietro, anzi, chiederei ai compagni di farmelo tirare».

Per un Wome “sopravvissuto” c’è un Dejan Stankovic che solo domani tornerà in Italia, ma che già sa che l’infortunio riportato contro la Lituania lo terrà fermo per almeno due mesi. Intanto l’Inter ha annunciato che lunedì 17 ottobre affronterà a San Siro in amichevole il Venezuela, in occasione della visita in Italia del presidente venezuelano Hugo Sanchez.

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