Roma - Energia, cibo acqua: sono le tre emergenze per «un pianeta in affanno». Così il Wwf definisce la terra, in occasione dell’Earth Day, anticipando che i dati del suo nuovo rapporto «Living Planet», che sarà reso pubblico il prossimo ottobre, confermano gli andamenti negativi della pressione dell’uomo sulle risorse naturali. «I segnali di stress - sottolinea il Wwf - ci sono tutti e ci colpiscono direttamente, non fanno sconti: povertà e cibo, crisi energetica e cambiamenti climatici, scarsità di acqua che dalle aree più povere del pianeta si estendono ad aree storicamente fertili, a culle della civiltà quali il nostro mediterraneo. Le 3 grandi emergenze, energia, cibo e acqua portano tutte le stesse conseguenze sul benessere e la capacità di sostentamento delle popolazioni umane, ed hanno tutte la stessa ’madrè, ovvero la terra». Ecco perchè il WWF ha scelto di lanciare anche quest’anno con la Campagna GenerAzione Clima la nuova sfida: un taglio del 30% delle emissioni entro il 2020 in Italia come nel resto d’Europa.
L’obiettivo, promosso a livello internazionale dal WWF, concorrerebbe alla salvaguardia del 20-30% delle specie che sono a rischio di estinzione a causa del cambiamento climatico e alla riduzione degli impatti sull’uomo. Uno degli indicatori del Living Planet Report del WWF era proprio l’Impronta Ecologica, ovvero, la misura della domanda in termini di consumo di risorse naturali da parte dell’umanità. Il ’pesò dell’impatto-umano sulla Terra è più che triplicato nel periodo tra il 1961 e il 2003. L’Impronta Ecologica calcola anche la biocapacità delle nazioni, cioè, quanto delle risorse naturali consumate dalle popolazioni delle singole nazioni deriva dal paese stesso. Questo rapporto mostrava che la nostra impronta ha già superato nel 2003 del 25a capacità bioproduttiva dei sistemi naturali da noi utilizzati per il nostro sostentamento.
Nel rapporto precedente (pubblicato nel 2004 e basato sui dati del 2001) era del 21%. In particolare, l’Impronta relativa alla CO2, derivante dall’uso di combustibili fossili, è stata quella con il maggiore ritmo di crescita dell’intera Impronta globale: il nostro 'contributo' di CO2 in atmosfera è cresciuto di nove volte dal 1961 al 2003.
L’Italia ha un’impronta ecologica (sui dati 2003) di 4.2 ettari globali pro capite con una biocapacità di 1 ettaro globale pro capite, dimostrando quindi un deficit ecologico di 3.1 ettaro globale pro capite. Nella classifica mondiale è al 29 posto, ma in coda rispetto al resto dei paesi europei. «È di tutta evidenza - sottolinea il Wwf - che anche il nostro paese necessita di avviarsi rapidamente su una strada di sostenibilità del proprio sviluppo integrando le politiche economiche con quelle ambientali. Solo tenendo in conto la natura saremo in grado di fornire il giusto valore al nostro benessere di procedere a politiche energetiche, dei trasporti, di uso del territorio capaci di rispettare il nostro straordinario Bel Paese, facendo fruttare al massimo i suoi elementi di qualita».
«Siamo in un debito ecologico estremamente preoccupante - spiega Michele Candotti, direttore generale del WWF Italia - considerato che i calcoli dell’impronta ecologica sono per difetto. Consumiamo le risorse più velocemente di quanto la Terra sia capace di rigenerarle e di quanto la Terra sia capace di metabolizzare i nostri scarti. È tempo di assumere scelte radicali per quanto riguarda il mutamento dei nostri modelli di produzione e consumo. Siamo tutti consapevoli che i cambiamenti necessari per ridurre il nostro impatto sui sistemi naturali non saranno facili ma si basano su straordinarie qualità umane: la capacità di innovazione, la capacità di adattamento, la capacità di reagire alle sfide.
È da come impostiamo oggi la costruzione delle città, da come affrontiamo la pianificazione energetica, da come costruiamo le nostre abitazioni, da come tuteliamo e ripristiniamo la biodiversità, che dipenderà il nostro futuro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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