Mondo

Xinjiang, la spina nel fianco del gigante asiatico

La regione autonoma dello Xinjiang è una delle regioni più complesse della Cina, da decenni teatro di tensioni etniche tra la popolazione musulmana e turcofona, principalmente uighura, e l’etnia cinese maggioritaria Han

Xinjiang, la spina nel fianco del gigante asiatico

Pechino - La regione autonoma dello Xinjiang è una delle regioni più complesse della Cina, da decenni teatro di tensioni etniche tra la popolazione musulmana e turcofona, principalmente uighura, e l’etnia cinese maggioritaria Han, alla guida del governo regionale. Gli scontri tra uighuri e cinesi sono simili a quelli tra il governo di Pechino e la popolazione del vicino Tibet, eppure l’assenza di una figura di spicco come il Dalai Lama ha negato agli indipendentisti uighuri un riconoscimento internazionale. Ma gli uighuri non si sono mai rassegnati alla dominazione degli Han.

La spina nel fianco di Pechino Lo Xinjiang, una regione ricca di petrolio e di gas naturale che gli indipendentisti chiamano "Turkestan orientale" o "Uighuristan", è la più grande delle regioni amministrative cinesi (1,6 milioni di chilometri). Dei 19 milioni di abitanti, quasi la metà (il 46%) sono uighuri, il 39% sono han (cinesi propriamente detti), il resto appartiene ad altre etnie musulmane, come i kazaki. Gli uighuri sono imparentati con altre popolazioni dell’Asia centrale e con i turchi, un popolo con cui condividono similitudini linguistiche, culturali e religiose. Lo Xinjiang ha proclamato la sua indipendenza per due volte, negli anni Trenta e a metà degli anni Quaranta, assumendo il nome di Turkestan orientale indipendente.

Continue tensioni Le continue tensioni tra cinesi e uighuri hanno portato a diversi scontri, come quelli del 1990 a Barem, in cui morirono oltre 50 persone, o dello scorso 4 agosto, quando il Paese si stava preparando alle Olimpiadi. In quell’occasione, secondo il governo cinese, due persone lanciarono una granata contro il confine della città turistica di Kashgar, causando 16 morti. La Cina tiene continuamente sotto torchio i movimenti indipendentisti che reclamano l’indipendenza della regione, tra cui il Movimento islamico del Turkestan orientale (Etim), che secondo Pechino è collegato ad Al Qaeda e all’attentato delle Torri gemelle a New York. Ma la popolazione uighura in esilio ha una visione diversa del conflitto: alcuni attivisti come Rebiya Kadeer (esiliata in Europa e candidata varie volte al Nobel per la Pace) accusano Pechino di utilizzare la scusa della "lotta al terrorismo internazionale" per reprimere gli uighuri e le altre popolazioni musulmane, utilizzando metodi poco ortodossi come arresti ingiustificati, chiusura dei confini e applicazione della pena di morte.

Ma la politica coloniale del governo centrale (che promuove i matrimoni misti l’emigrazione dei cinesi) dimostra, secondo gli indipendentisti, che la Cina punta all’annacquamento dell’identità cultuale uighura.

Commenti