Zapatero apre i negoziati con l’Eta Ma in Spagna scoppia la polemica

Roberto Fabbri

Il premier socialista spagnolo José Luís Rodriguez Zapatero ha annunciato l’avvio di un dialogo con l’organizzazione indipendentista basca Eta. Un passo delicato e controverso, se si pensa che l’Eta ha fatto sistematico ricorso al terrorismo nei circa quarant’anni della sua attività, uccidendo complessivamente 850 persone.
Zapatero ha fatto riferimento nel suo intervento alla televisione a una risoluzione votata dal Parlamento il mese scorso e ha tentato di ottenere il sostegno dell’opposizione popolare, da sempre rigorosamente contraria al dialogo con i terroristi. «Il processo per portare la pace nel Paese basco è un lavoro per tutte le forze politiche», ha detto il premier, che ha accuratamente evitato di usare le parole «negoziato» o «trattativa», limitandosi a «dialogo» e «contatti». Ma il leader del Pp Mariano Rajoy - sostenuto dall’associazione delle vittime del terrorismo, con le quali organizza affollatissime manifestazioni al grido di «Eta no!» - ha risposto picche, sostenendo che con l’Eta si può parlare di una sola cosa: della sua resa.
L’annuncio di Zapatero fa seguito alla dichiarazione di «cessate-il-fuoco permanente» resa pubblica dall’Eta lo scorso 22 marzo. Una dichiarazione che fa seguito a un periodo di ormai tre anni durante il quale gli indipendentisti baschi hanno evitato di macchiarsi le mani di sangue. Il premier socialista punta molto, un po’ come Tony Blair con la questione nordirlandese, sulla soluzione del nodo basco; ma il rifiuto dell’opposizione di appoggiarlo lo mette in una posizione di debolezza. Zapatero è consapevole della difficoltà della partita e mette le mani avanti: il governo, assicura, «non pagherà alcun prezzo politico» per fermare il conflitto, «rispetterà le decisioni dei cittadini baschi» e lascerà ai partiti baschi il compito di trovare un accordo politico.
È proprio questo il punto più delicato. A questa «tavola rotonda» (cui il governo locale basco ha già dato il suo gradimento) dovrebbe partecipare Batasuna, il partito che dell’Eta è il braccio politico e che Madrid ha da tempo messo fuorilegge. Di fatto Zapatero rimette Batasuna in gioco, e quindi un prezzo politico lo paga. Inoltre, accetta di seguire un percorso che è proprio quello che Batasuna da tempo indica e che la stessa Eta ha formalmente accettato: quello di un duplice negoziato, da una parte tra tutti i partiti baschi e dall’altra tra l’Eta e lo Stato spagnolo (ma anche quello francese). Non a caso la dirigenza di Batasuna parla con toni elogiativi di «annuncio di grande portata» e non a caso già oggi una delegazione del partito (fuorilegge!) si recherà all'Eliseo per consegnare una lettera al presidente francese Jacques Chirac, nella quale con ogni probabilità gli chiederà di unirsi al negoziato sul Paese Basco.
L’opposizione alza le barricate (Rajoy ricorda anche che Zapatero si è accontentato di una tregua da parte dell’Eta, senza pretendere che disarmasse) ma il processo è ormai avviato.

Il premier esclude a priori solo la possibilità di far tenere un referendum sull’indipendenza basca, ricordando la sua disponibilità a «rispettare le decisioni dei cittadini baschi che siano prese liberamente, nel rispetto della legge e in assenza di ogni tipo di violenza e coercizione». Si aprlerà anche della sorte di 479 militanti dell’Eta detenuti nelle carceri spagnole: gli indipendentisti chiedono il loro trasferimento in penitenziari baschi.

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