«Zona 2, troppi negozianti immigrati»

Ancora scarse le relazioni fra milanesi e altre comunità

«La Zona 2 è la parte di Milano con il massimo numero di immigrati - spiega Luca Lepore, presidente del Consiglio di zona -, l’angolo fra via Monza e via Padova è il punto in cui la concentrazione è più alta. In alcuni condomini siamo arrivati ad avere più cittadini extracomunitari che italiani». Ed è proprio da qui che parte l’indagine commissionata da Confesercenti. Italiani e stranieri si trovano uno accanto all’altro nelle loro attività commerciali. Kebab, ristoranti cinesi, macellerie islamiche sono ormai una costante del paesaggio cittadino. Ma come funzionano i rapporti fra le varie comunità?
Sia gli esercenti italiani che quelli stranieri si trovano d’accordo su un punto: se il flusso migratorio continuerà con la stessa intensità degli ultimi anni la situazione peggiorerà. «Per noi - ribadisce l’assessore comunale alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna -, è fondamentale che l’ingresso sul territorio sia limitato a chi ha già un contratto di lavoro». D’altro canto, gli italiani sono più disponibili verso i cittadini stranieri che lavorano; il 53 per cento dei milanesi intervistati li giudica più affidabili. «Gli extracomunitari che lavorano negli esercizi commerciali sono cittadini totalmente in regola - prosegue Mauro Toffetti, presidente di Confesercenti Milano -. Noi abbiamo iniziato a stringere rapporti con loro anni fa. Gli egiziani sono i più disponibili, ormai siamo alla seconda generazione di associati. Abbiamo avuto qualche problema solo con la comunità senegalese».
Ma la convivenza non è solo rose e fiori. Il 97 per cento dei commercianti italiani che esercitano nella Zona 2 considera troppo elevato il numero dei colleghi immigrati. Dietro la paura di un aumento sproporzionato di negozi di chincaglierie etniche e phone center, si allunga l’ombra della concorrenza, sleale ovviamente. La metà degli esercenti autoctoni pensa che la battaglia con africani, cinesi e arabi, sia impari. In cima alla lista della accuse c’è la mancata emissione dello scontrino fiscale, seguono il costo bassissimo dei dipendenti, la merce scadente o contraffatta e gli orari di apertura troppo lunghi.
«Il rischio è quello della ghettizzazione - commenta Marco Pietro Granelli, consigliere comunale -, dobbiamo evitare che si crei una parte della città per gli immigrati e una per gli stranieri». I dati dell’indagine svolta da Swg confermano una certa impermeabilità fra la comunità italiana e quella straniera.

Cinquantuno esercenti milanesi su cento non hanno mai avuto contatti con i loro colleghi extracomunitari. E si ripropone il problema dell’integrazione. «Il primo passo per riuscire a inserire gli extracomunitari nella nostra società - conclude Paola Frassinetti - è l’insegnamento della lingua italiana».

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