Zonin: «In Bnl per contare. O venderemo»

L’interesse per sportelli di Bpi? «Gronchi non è tipo da dismissioni»

Zonin: «In Bnl per contare. O venderemo»

Marcello Zacché

da Milano

Presidente Zonin: la Banca Popolare di Vicenza ha appena cambiato il direttore generale in corsa. Divo Gronchi se n’è andato a Lodi. Problemi?
«Guardi, siamo stati senza direttore per 30 secondi: Gronchi si è dimesso mercoledì alla fine dell’ultimo cda, e in meno di un minuto abbiamo nominato l’ex condirettore Luciano Colombini. Una scelta di continuità».
Gronchi sarebbe diventato amministratore delegato a fine anno. Ora ne cercherete un altro?
«Non lo so, non c’è urgenza, lo valuteremo prima della prossima assemblea di primavera. Per ora tutte le deleghe di Gronchi sono passate a Colombini».
È in corso l’aumento di capitale da 489 milioni, che si chiuderà il 28 ottobre. Come procede?
«Molto bene. Riscontriamo la fiducia dei soci e siamo assolutamente tranquilli sul successo dell’operazione. A ieri è stato sottoscritto il 90%. Semmai il problema è che non riuscirò a soddisfare tutti i soci che hanno chiesto più azioni».
Tra i vostri soci ci sono le grandi famiglie venete quali per esempio Benetton o Marzotto?
«Non potrei mai fare nomi. Ma posso dire che non ci sono soci rilevanti. Nessuno arriva allo 0,5%. Ci sono solo 3-4 famiglie di imprenditori locali con quote dello 0,3-0,4%. La nostra è una vera banca pubblica: su 45mila soci, il 90% detiene meno di mille azioni».
Però, insieme alla Popolare Verona, avete appoggiato i Donà delle Rose nella scalata alla Zignago con un finanziamento di 242 milioni. È un segnale di vicinanza?
«Nessun segnale. Abbiamo erogato un prestito a fronte delle dovute e solide garanzie del caso. Lo facciamo con chiunque venga a proporci una valida operazione».
Ora che Antonveneta sarà guidata da Amsterdam, la Vicenza si propone come il punto di riferimento bancario del Nord-Est?
«Noi preferiamo dire che vogliamo essere la banca del territorio e non solo in Veneto, ma anche nel centro con Cariprato e nel Sud con Banca Nuova».
Siamo alla vigilia di un «risiko» tra le Popolari?
«A livello delle sei grandi banche cooperative italiane non vedo possibilità di sviluppi a breve».
Dopo l’aumento di capitale, a quanto ammonterà il cosiddetto «free capital»?
«Intorno agli 850 milioni. A cui si potrebbe aggiungere il valore del 3,9% in Bnl, vicino ai 330 milioni».
Vuol dire che venderete la quota in Bnl dopo l’Opa di Unipol?
«Non so se la terremo o no. In base agli accordi con Unipol noi non aderiremo all’Opa ma potremo vendere a partire dal mese di gennaio del 2006. Adesso non so dire cosa succederà».
Quindi non si può definire strategica quella quota?
«Dipenderà anche dagli eventuali sviluppi industriali: se ci fossero spazi di collaborazione con il nuovo gruppo li valuteremo attentamente. Ma rimanere azionisti per stare solo a guardare non ci interessa. In quel caso è meglio monetizzare la quota».
Torniamo al free capital: come lo investirete?
«Abbiamo deciso di aumentare il capitale per essere pronti a cogliere opportunità senza perdere tempo. Il progetto è quello noto: aumentare il numero di sportelli da 530 a 800 per poter mantenere la nostra autonomia sul territorio nazionale. Di questi 70-80 dovranno essere al sud».
Con acquisizioni? La Bpi del vostro ex Gronchi potrebbe vendere qualcosa. Siete interessati? Per esempio alle casse di risparmio del Tirreno?
«Quella è una zona geografica per noi interessante, ma non credo che siano in vendita. E poi, conoscendo bene Gronchi, credo che sia andato a Lodi per razionalizzare. Ma non è un uomo che dismette tanto facilmente».


La Banca Popolare di Intra?
«L’ho detto e lo ripeto: non faremo mai nulla che possa dispiacere a questo istituto».
Acquisizioni o aperture di nuovi sportelli: quanti anni prevede di metterci per arrivare a quota ottocento?
«Massimo cinque, ma io credo ci arriveremo in tre anni. O anche prima se compriamo qualcosa».

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