Forse non si capirà mai chi abbia sparato all’urologo Edoardo Austoni, ferendolo alle gambe mentre usciva dalla sua clinica di via Dezza la sera del 20 novembre 2006. Ma quel che si sta scoprendo sulla figura della vittima lascia capire che di persone arrabbiate con il professore ce n’era in giro sicuramente più di una. Per il momento, infatti a finire sotto processo è stato lui, Austoni. E il ritratto che ne esce è quello di un medico eccellente, un’autorità nel suo campo, mai una diagnosi o un intervento sbagliati. Ma Austoni era anche un uomo straordinariamente venale: al punto di consigliare alla sua assistente, che le descriveva le condizioni di un paziente: «Quello è uno che va alleSeychelles. Spennalo per bene».
A raccontare l’episodio è uno dei pazienti di Austoni chiamati ieri a testimoniare in tribunale. Indagando sul ferimento, la Squadra Mobile ha scoperto che l’urologo aveva l’abitudine di farsi pagare in nero dai pazienti per concedere loro il privilegio di essere operati da lui. Per i pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella, si tratta di estorsioni. Anzi - poiché Austoni lavorava in una clinica pubblica, la San Giuseppe - di concussioni.
Davanti alla Quarta sezione del tribunale i pazienti sfilano uno dopo l’altro. Vista la specialità dell’imputato, molti devono vincere l’imbarazzo nel descrivere le patologie che li spinsero a bussare alla porta di Austoni, «il migliore». Invece F.C., ventottenne, brianzolo, ieri mattina sembra non avere problemi. Racconta con disinvoltura che la disfunzione lo colpiva dolorosamente in «momenti particolari». É preciso, dettagliato. E ancora più dettagliato diventa quando racconta dei suoi incontri con Austoni.
«La prima visita durò tre minuti, mi disse che dovevo venire operato senza neanche alzare gli occhi dal foglio che stava scrivendo». Un po’ di esami, un po’ di analisi. Poi un nuovo faccia a faccia con Austoni, sbrigativo come sempre: «Mi disse che avevo tre possibilità. Farmi operare da lui privatamente alla clinica Dezza, costo diecimila euro. Mettermi in lista d’attesa alla San Giuseppe, dove non mi avrebbe operato lui. Oppure versargli millecinquecento euro in nero, e avrebbe trovato il modo di operarmi». Naturalmente, F.C. scelse la terza strada. Anche se per trovare i soldi gli toccò chiedere l’aiuto dei genitori. É in uno degli incontri con il prof che il giovanotto assiste al dialogo che ieri riferisce in aula. «A un certo puntò entrò l’assistente di Austoni, gli disse che un paziente aveva bisogno di essere ricoverato per ripetere un esame ogni giorno. Austoni si alterò e le disse di convocare il paziente in clinica un giorno sì e un giorno no, "quello è uno che va alle Seychelles, spennalo per bene". Io rimasi stupito che parlasse in quel modo di un paziente davanti a un altro paziente».
I racconti delle vittime si somigliano tutti, a tutti il grande medico proponeva le tre opzioni, tutti sceglievano di pagare. A molti non è andata giù. Ma alcuni - anche dopo avere confermato tutte le accuse - non riescono a prendere le distanze del tutto dal primario: «Signor giudice, io verso Austoni provo riconoscenza»